Hostaria San Benedetto, la passione e i valori di una famiglia

Il ristorante affacciato sotto i portici nel cuore storico di Montagnana in 29 anni di attività ha valorizzato tante eccellenze locali: dal prosciutto Veneto Dop, alle erbe, ai formaggi della vicina montagna veronese. E l’autunno sarà la stagione dei funghi

Il giornalista Renato Malaman con Gianni Rugolotto e Laura Borghesan
E chi l’ha dimenticata l’epopea del ristorante “Alle Crosare” di Pressana? I montagnanesi lo affollavano tutti i fine settimana, perché si mangiava bene e si spendeva il giusto. E perché potevano concedersi qualche piatto fuori ordinanza per l’epoca. Per raccontare cos’è l’Hostaria San Benedetto oggi bisogna risalire ai primi anni ’80, quando Gianni Rugolotto e Laura Borghesan, all’epoca insieme anche alla sorella e al cognato, si ritagliarono un posto di riguardo in un panorama della ristorazione locale ancora troppo zavorrato da una tradizione stantìa, fatta di piatti buoni ma troppo unti e pesanti. Gianni Rugolotto era ancora giovane, pochi anni prima si era fatto conoscere a Montagnana prendendo in gestione l’albergo Ezzelino. Ma il suo sogno era fare il cuoco, riprendendo l’arte appresa in casa dalla madre e coltivata attingendo a piene mani da quel patrimonio di prodotti, arte culinaria e saggezza contadina che è la montagna veronese. Perché Gianni arriva da là, da Bolca, la terra dei famosi fossili. Anzi, dal borgo di Sprea, penultimo di quattro fratelli, cresciuti senza la mamma che morì giovane. Anche lui ama tuttora i formaggi di quella zona e soprattutto raccogliere le erbe spontanee e i funghi del sottobosco. Quei pochi che trova, naturalmente. Il resto li acquista, come tutti. E dedicato ai funghi è il menu principale che l’Hostaria San Benedetto, locale di signorile eleganza ricavato in un palazzetto del centro storico di Montagnana, proporrà nel prossimo autunno.
Un passo indietro: il locale Gianni e Laura lo hanno aperto nel 1988, offrendo un’alternativa a un altro storico e affermato ristorante del centro che, come loro, aveva scelto una qualità senza compromessi. Il successo, e non è piaggeria, è arrivato quasi subito. Anche perché nel frattempo Montagnana è andata sempre più affermandosi in campo turistico. La nostra visita ha evidenziato un valore importante: quello della famiglia e della gestione familiare. Con Gianni e Laura oggi c’è il figlio Federico, che è pure un appassionato sommelier. L’ambiente è arredato con gusto e sobrietà. Sembra di stare in una casa del primo ‘900. La distanza tra i tavoli mette a proprio agio. L’accoglienza sincera fa il resto. Ogni dettaglio è frutto di attenzione, anche la stampa del menù. In bella vista i distillati d’autore e qualche tocco d’arte. Nel menù la fa da protagonista il prosciutto crudo Veneto Berico-Euganeo Dop (si sa che non si può chiamarlo ufficialmente con il suo nome secolare, ovvero crudo dolce di Montagnana, altrimenti volano multe dal Ministero), vanto della tradizione locale. Una sezione del menù, in onore della stagione, è dedicata al baccalà, proposto con varie erbette. C’è pure un interessante menu degustazione a 30 euro, che comprende cinque portate e nel quale spicca l’insalata di gallina padovana con uvetta e pinoli, uno dei piatti simbolo dei Ristorantori Padovani, associazione di cui il ristorante è una colonna.
Optiamo per un percorso fuori menù dedicato ai funghi, ben sapendo che lo chef è ferrato in materia. Entrée con zuppetta di finferle su cestino di pane su guazzetto di pomodoro dal bel contrasto dolce-acido. Seguono le frittelle di finferle (che sono diverse dai finferli “maschi”) con crema di yogurt e fiori di finocchietto. Poi il millefoglie di fichi e finferli: due piatti moderatamente audaci che rivelano estro e fantasia. E la consueta buona tecnica. Stimolanti le tagliatelle con finferli e mirtilli che seguono: l’abbinamento un po’ austriaco riporta ai tempi del Lombardo Veneto quando a Montagnana c’era un grande presidio militare delle truppe di Radetzky. Rassicurante il piatto che segue: la trilogia d’autunno. In un piatto lungo troviamo: chiodini con il Monte Veronese, finferle con l’Ubriaco (un altro formaggio veneto) e i porcini con la Toma. Ottimo. Infine un semifreddo con l’albicocca, delizioso. Nella ricca, ma ben ragionata carta dei vini, scegliamo delle bollicine altoatesine di Arunda. Ma c’è anche molto di etichette locali. Definire in due parole il San Benedetto è difficile. Quella di Laura e Gianni è una storia lunga e piena di passione, condivisa con semplicità in famiglia. E questo valore permea tutta la loro attività. Ieri come oggi. E, grazie a Federico, sarà sicuramente così anche domani.