Addio a Mario Stramazzo

Un amico, un collega, una fonte del sapere
Oggi se n’è andato un amico, un giornalista, una penna importante del nostro giornale, presente fin dai primi numeri che abbiamo mandato in stampa. Mario Stramazzo è stato indubbiamente un ispiratore del nostro lavoro, un uomo che ci teneva al confronto anche se il suo punto di vista, o il nostro, a volte, poteva essere diverso. La schiettezza è stata una delle sue virtù. Ricordo il primo incontro da Fabio Legnaro, nel suo ristorante. Era come di questi giorni, verso la metà di ottobre di sette anni fa. Stavamo preparando, come oggi, il numero di Natale e avevo appena finito di illustrargli la linea editoriale di Con i piedi per terra per convincerlo a collaborare con noi e “francamente – mi disse – è meglio se puntate sul web”. Era franco, diretto e proiettato al futuro, e forse è stato proprio questo a far iniziare da quel giorno un lungo viaggio nel “Panorama gastronomico” a cavallo delle pagine del giornale. Una quarantina di articoli è il patrimonio che lascia in eredità alla nostra redazione, storie, temi, argomenti che gli era stato chiesto di trattare alla luce della sua enciclopedica cultura. “Sto studiando i libri di cucina del ‘600 – mi disse recentemente – sono pieni di informazioni e di dettagli che ti fanno rendere conto che gli chef di oggi devono tutto a quegli anonimi artigiani che con uno spicchio d’aglio e un dito d’olio hanno inventato la cucina mediterranea”. Amava la materia e la sapeva trattare attraverso una scrittura sua personale, incisiva, piena di ironia e di humor, e a una competenza davvero senza eguali. Sapeva quasi di ogni cosa e anche da una semplice passeggiata tra le calli di Chioggia poteva uscire una storia, un aneddoto, una curiosità che con altre quattro sue parole di argomentazione assumeva i connotati di un piccolo trattato di etnografia. Mario scriveva di cucina, ma il cibo credo fosse per lui semplicemente uno strumento materiale per raccontare, in realtà, la storia dell’uomo, quella dei luoghi e i legami profondi che uniscono l’uno all’altro. Non era il piacere della pancia, ad ispirarlo, era l’intelligenza della vita. Per questo, per la sua rubrica, avevamo immaginato una testatina dall’evocazione ampia, aperta, paesaggistica come “Panorama gastronomico”, ci pareva fosse l’unica a poter contenere quel suo vasto spaziare. E anche il prossimo articolo sarebbe stato in realtà un viaggio. Solo qualche giorno fa avevamo ricordato insieme a lui quel primo articolo per il Natale con il quale ci aveva spiegato che dietro alla tradizione di portare sulla tavola delle Feste il cappone, si nascondeva una storia lunga di secoli nella quale era condensata tutta l’astuzia dei nostri poveri contadini che, per mantenere carni morbide fino alla stagione invernale, avevano inventato la capponatura. E anche questa volta avrebbe preso a pretesto cotechini e zamponi per rivelarci pratiche vecchie di secoli e scoprire le antiche alchimie che danno sapore a piatti per noi senza cultura. “Partiremo dal salnitro e dalla polvere di murrina” – è stata la sua ultima risposta nella mail della redazione – e adesso siamo abbastanza sicuri che non sapremo mai a che cosa servissero ne’ il salnitro ne’ la polvere di murrina … e quindi è anche più difficile accettare che oltre ad un amico e ad un collega abbiamo perso “sapere”, come se un’intera biblioteca fosse andata completamente a fuoco.