MAC – Museo di arte contemporanea “Dino Formaggio”
Nel cuore verde del Parco Regionale dei Colli Euganei, a Teolo, attorno alle opere donate da numerosi artisti si è formata un’interessante collezione di opere d’arte, oggi fondamentale per la comprensione di alcuni spaccati della produzione artistica otto-novecentesca
Nel cuore verde del Parco Regionale dei Colli Euganei, a Teolo – l’antica Titulus, l’incontro fra uomo e natura ha saputo risolversi in un armonioso equilibrio. Il dolce profilo collinare euganeo, evocato da poeti e letterati di ogni secolo, da Francesco Petrarca durante la rinascita delle lettere del ‘300 fino ad Ugo Foscolo e Percy Bysshe Shelley in età romantica, è ancor oggi molto amato per la quieta bellezza che ispira.
Aperto nel 1993 per opera dell’amministrazione comunale, al fine di raccogliere una particolare collezione di opere, comprese tra fine Ottocento ed i giorni nostri
Nel territorio del piccolo centro, coltivato a vigneti e caratterizzato dall’ordinata vegetazione della macchia mediterranea, spiccano numerose testimonianze storico-artistiche, dalla monumentale Abbazia di Praglia, alle falde del monte Lonzina, protagonista nell’XI secolo dell’opera di bonifica benedettina in area padovana, fino alle vestigia del castello medievale, posto in località Speronella, dove si narra avesse soggiornato Federico Barbarossa; dai suggestivi resti dell’antico monastero degli Olivetani sul monte Venda, del XII secolo, simbolo di una grande stagione spirituale, fino al cinquecentesco Palazzetto dei Vicari, singolare traccia del dominio veneziano in età moderna. Il peculiare contesto, felicemente segnato dalla compresenza di attrazioni paesaggistiche e culturali, carico di un passato da conservare integralmente, non è tuttavia un luogo chiuso di fronte al divenire della storia. Nel tessuto urbano trova spazio un museo, il MAC – Museo di arte contemporanea “Dino Formaggio” –, aperto nel 1993 per opera dell’amministrazione comunale, al fine di raccogliere una particolare collezione di opere, comprese tra fine Ottocento ed i giorni nostri.
L’istituzione museale nasceva per tenere fede alla volontà dell’illustre concittadino cui è intitolata, che molto si era adoperato per crearne i presupposti attraverso un’opera di sensibilizzazione nei confronti di amici artisti. Da anni Dino Formaggio incoraggiava quegli stessi artisti a donare alcune delle proprie opere d’arte al Comune di Teolo, dove visse per una ventina d’anni, con la clausola che l’Ente si impegnasse a conservarle e ad esporle al pubblico in un luogo adeguato.
Da anni Dino Formaggio incoraggiava quegli stessi artisti a donare alcune delle proprie opere d’arte al Comune di Teolo
In questo modo si è formata l’interessante collezione che costituisce il nucleo del museo, ulteriormente impreziosita da nuove donazioni: un insieme variegato di opere diviso fra dipinti, disegni e sculture, funzionale alla comprensione di alcuni spaccati della produzione artistica otto-novecentesca. Molteplici sono i generi rappresentati, dai temi tradizionali del paesaggio e del ritratto fino alle rappresentazioni non figurative delle diverse tendenze contemporanee, ripercorrendo, con un attraversamento orizzontale, diversi filoni della recente storia dell’arte. Per il genere figurativo Venezia di Beppe Ciardi – vivida interpretazione di quel paesaggismo post-impressionista magistralmente incarnato dall’artista –, può rappresentare un’ideale punto di partenza in relazione a quel percorso che si dipana poi nell’articolata rete di un Novecento inquieto.
Con il tema del paesaggio si cimentano numerosi altri autori, presenti nella raccolta del MAC, testimoniando l’evoluzione del genere attraverso interessanti opere dominate da paesaggi naturali e vedute urbane, quali ad esempio Boccadasse (1938) di Achille Beltrame, il grande illustratore della Domenica del Corriere, dove emerge un vedutismo non più connotato in senso realistico, ma di impronta più sintetica, secondo una visione di natura lirico-emotiva; o ancora, Binario morto di Claudio Annaratone (1962), in cui l’immagine urbana è ormai quella di una città contemporanea, percorsa dalle note violente di un espressionismo inteso come introspezione.
Oltre al paesaggio, urbano e naturale, appare interessante, nel percorso espositivo il tema della figura umana, colta in attimi sottratti al fluire della quotidianità, come avviene in Popolane in Piazza delle Erbe (1901) di Angelo dall’Oca Bianca, ritratte con tratto fluido e guizzante; o messa in posa nei ritratti come la donna dallo sguardo mobile e sensuale del Ritratto di Vincenzo Irolli, così come nel vivace ritratto infantile di Birichino, opera dello scultore Medardo Rosso – considerato con Auguste Rodin fra i maggiori scultori contemporanei – caratterizzata da una nota di verismo bozzettistico, proprio dei modi giovanili dell’artista, che però la fuse in bronzo intorno al 1925. Singolare nel genere è anche il Ritratto con l’uomo in penombra, dall’espressione intensa, effigiato da un altro fra i più grandi maestri dell’Ottocento italiano, Francesco Paolo Michetti. Accanto ai generi tradizionali, rivisitati comunque in chiave personale, spiccano anche opere legate a specifici movimenti, tra cui si distinguono gli esempi di arte cinetica di Alberto Biasi, quali Con la mente più che con l’occhio e Visione dinamica, entrambe del 1964, e Scudo dinamico (1962; riproduzione del 1999), caratterizzate da una peculiare matrice scientista, fondata sullo studio delle leggi della percezione.
La varietà della collezione, qui succintamente richiamata solo con qualche esempio particolarmente rappresentativo, sembra rispecchiare la vasta pluralità di interessi artistici di Dino Formaggio, artista nato a Milano nel 1914, operaio poi iscritto all’università di Milano, per intraprendere una brillante carriera accademica che lo vede docente di Estetica a Padova. Dino Formaggio rappresenta un personaggio di grande interesse non solo sotto il profilo intellettuale, ma anche artistico. Egli sapeva infatti unire la lucida riflessione filosofica alla concretezza del sapere manuale: la sua tesi di laurea, discussa nel 1937 con Antonio Banfi, dedicata al tema della tecnica artistica elabora, in pieno idealismo crociano, una concezione dell’arte quale strumento di espressione concreta, compenetrata alla realtà quotidiana.