Colombi o piccioni?

Nomi diversi che tuttavia indicano animali appartenenti alla stessa specie, la Columba Livia
In clima di Pasqua non potevamo esimerci dal parlare di una specie alla quale si ispira un classico dolce del periodo: la colomba, che in ornitologia ha lo stesso significato di Piccione. Entrambi appartengono alla stessa specie, la Columba Livia. I piccioni sono sicuramente tra gli uccelli più facilmente identificabili, ma è necessario fare dei distinguo. Il Piccione di città deriva da un lungo processo di domesticazione, iniziato tra 5 e 10 mila anni fa, quando gli esseri umani cominciarono ad allevare giovani del Piccione selvatico Columba livia.
Il Piccione domestico viene allevato fin dall’antichità con molte varianti, a seconda dello scopo. Tra queste il “viaggiatore”, selezionato per la sua abilità a tornare alla colombaia
Nel corso dei millenni l’uomo ha allevato i piccioni, operando una selezione per alcuni caratteri quali le dimensioni, la prolificità, le caratteristiche delle carni, la capacità di orientamento e la bellezza portando all’origine di numerose razze. Le attuali popolazioni di Piccione di città hanno avuto origine da soggetti sfuggiti al controllo e da un punto di vista zoologico, il Piccione di città rappresenta un’entità particolare, che non sarebbe da assimilare né alla forma selvatica né a quella domestica. Si tratta infatti di un animale domestico inselvatichito che attualmente si comporta come un selvatico, avendo però le origini più prossime nella sfera domestica.
Questo porta una difficoltà anche di tipo linguistico: piccione o colombo? Nelle pubblicazioni sono state impiegate 25 combinazioni diverse tra nomi in italiano e nome scientifico tra cui “Piccione urbano”, “Piccione torraiolo”, “Colombo urbano”. La nomenclatura ritenuta più valida dai ricercatori negli ultimi decenni è stata Colombo di città Columba livia forma domestica mentre recentemente, dopo attenta analisi della letteratura ornitologica e dei moderni criteri tassonomici, si è giunti alla conclusione che la definizione più corretta è Piccione di città Columba livia forma domestica. Le altre tipologie conosciute sono Piccione selvatico (specie selvatica rinvenibile in natura, capostipite di tutte le razze, con rare popolazioni che sopravvivono in Italia soprattutto in Sardegna e in alcune zone appenniniche), Piccione torraiolo (un Piccione selvatico che si è inurbato spontaneamente, situazione ancora presente fino all’inizio del 1900, ma oggi praticamente scomparsa), Piccione domestico (allevato dall’uomo fin dall’antichità con molte varianti a seconda dello scopo) tra cui il Piccione viaggiatore (razza di Piccione domestico, selezionata per compiere viaggi lunghi e per la sua abilità a tornare alla colombaia). Il Piccione di città depone due uova per covata e la stagione riproduttiva si estende per tutto l’anno, la durata della vita è abbastanza breve e raramente supera tre anni.
Può essere confuso con altre due specie selvatiche: la Colombella e il Colombaccio. La Colombella è più piccola, occhi neri, becco minuto di colore rosso e giallo ed è relativamente rara: negli ultimi decenni in considerevole decremento, legato probabilmente alla progressiva scomparsa dei grandi alberi con cavità che questo uccello utilizza per la nidificazione. Il Colombaccio è notevolmente più grande, con caratteristiche barre bianche sopra le ali e macchie bianche intorno al collo, spesso in grandi stormi e negli ultimi anni in espansione. Il Piccione di città entra spesso nelle cronache e nell’opinione pubblica dove si è diffusa la convinzione che porti malattie.
Il Piccione selvatico è il capostipite di tutte le altre razze. In Italia la sua presenza è molto rara, esistono popolazioni solo in Sardegna e in alcune zone appenniniche
In realtà la questione deve essere ricondotta ad un contesto di razionalità, considerando che qualsiasi animale può essere portatore di patologie, sebbene nel concreto la possibilità di trasmissione dipenda da un insieme piuttosto complesso di fattori, in cui si sommano circostanze ambientali più o meno favorevoli alla diffusione, caratteri propri dell’agente infettante e fattori predisponenti dell’ospite. La sua presenza numerosa può causare inconvenienti, dovuti soprattutto all’accumulo del guano, mentre le problematiche sanitarie restano perlopiù a livello di potenzialità. Gli interventi che si possono applicare per contenerlo si riconducono a un corretto comportamento evitando di spargere cibo e rifiuti, installando correttamente negli edifici i dissuasori di appoggio, riducendo le aperture di nicchie e fori in maniera selettiva, in modo che le specie più piccole quali rondoni, passeri e pipistrelli possano continuare a utilizzare questi siti di nidificazione e rifugio.

Un falco pellegrino che ha predato un piccione
Hanno una certa efficacia circoscritta l’uso di deterrenti ad azione ottica, acustica, integrata a cui però i piccioni si abituano rapidamente mentre i repellenti chimici dovrebbero avere componenti vegetali per non impattare sull’ambiente. Deterrenti efficaci sono l’incremento dei predatori naturali: rapaci come il Falco pellegrino e l’Allocco si inurbano facilmente se c’è abbondanza di prede e quindi è suggerita l’installazione di nidi artificiali per questi uccelli. Ultrasuoni e gel repellenti al tatto non funzionano, efficacia ancora da studiare la distribuzione di antifecondativi selettivi mentre veleni e sistemi cruenti sono pericolosi, non efficaci e vietati dalla legge. Le esperienze effettuate in numerose città italiane ed estere hanno dimostrato molto chiaramente che le catture seguite da soppressioni di massa riducono le popolazioni solo momentaneamente e spesso portano in poco tempo ad un costante incremento delle stesse. Per chi vuole approfondire l’argomento consiglio di consultare un vero e proprio manuale per la gestione di questa specie: “Il Piccione di città. Strategie per la gestione” a cura di Marco Dinetti (responsabile nazionale Ecologia urbana Lipu) che si può scaricare da www.lipu.it.