A.D. 1439, le galee veneziane attraversarono le montagne della Vallagarina

A distanza di quasi sei secoli l’epica impresa degli uomini della Serenissima desta ancora meraviglia poiché trasportarono la loro flotta dall’Adige al Garda, per soccorrere Brescia assediata, attraverso l’antica strada romana, con un dislivello di 190 metri, oggi meta di belle passeggiate “attraverso la storia”
Nei giorni di quell’inizio 1439, ignari abitanti rivieraschi dell’Adige sospesero il lavoro quando videro transitare, contro corrente, enormi navi su quel fiume che dava da vivere con il suo pesce e con il trasporto di persone e cose da una riva all’altra fatto con le loro modeste barche. Dove vanno, si domandarono i “barcaroli” e i pescatori di Badia, Masi, Castelbaldo, Legnago e via via fino oltre Verona, queste minacciose navi? Che trasporto eccezionale si stava verificando?
All’inizio del XV secolo la Repubblica di Venezia, potenza del mar Mediterraneo, iniziò ad espandersi nell’entroterra veneto e lombardo con annessioni spontanee e conquiste militari. Brescia e Bergamo furono acquisite rispettivamente nel 1426 e 1428, godendo come tutti i territori dipendenti dalla Serenissima di minori tasse e vessazioni precedentemente patite dai governi feudali delle Signorie. Ma nel 1438 Brescia venne assediata dal capitano di ventura Nicolò Piccinino, al soldo del duca di Milano Filippo Maria Visconti che con una serie di fortunati colpi di mano prese il controllo delle terre lombarde fino alla parte meridionale del Garda. Brescia resistette e chiese aiuto a Venezia, che incaricò il condottiero Gattamelata (Erasmo da Narni) di fronteggiare l’assedio del Piccinino. Il Gattamelata e il suo esercito poterono raggiungere Brescia solamente da settentrione, ma dopo alcuni scontri con l’esercito visconteo dovettero battere in ritirata verso nord, lungo la val Sabbia, attraversare il Sarca e risalire verso Nago e il passo San Giovanni, per scendere in Valdadige. Da lì, il Gattamelata capì che quella antica strada romana poteva essere la via più praticabile per attraversare i monti che separano l’Adige dal Garda, sempre in territorio veneziano. Nacque così un ardito piano militare, che fece scalpore in tutta Europa, per liberare Brescia che è stata assediata per tre anni dai milanesi, perdendo metà della popolazione.
Nel gennaio del 1439 25 grosse imbarcazioni imboccarono la foce dell’Adige a Sant’Anna di Chioggia e iniziarono a risalire il fiume controcorrente
Alla fine del 1438 la Serenissima finanziò la proposta di alcuni ingegnosi ideatori, mettendo a disposizione uomini e mezzi per soccorrere Brescia arrivandovi dal settentrione del Garda con navi della propria flotta, poiché era impossibile arrivarci da sud del lago, territorio in mano all’esercito del Piccinino.
Il progetto prevedeva di transitare per l’Adige, risalendolo fino a sud di Rovereto dove avrebbero portato a secco la flotta per farla salire su strade alpine fino al lago di Loppio, passare il passo San Giovanni e scendere fino al porto di Torbole, sul Garda.

Il percorso compiuto dalle galee sulla terra ferma: da Rovereto fino al lago di Loppio e da passo San Giovanni fino al porto di Torbole, sul Garda
Un’operazione che riteniamo impossibile al giorno d’oggi, ma che la determinazione del governo veneto, la capacità esecutiva degli ideatori e l’impiego di una moltitudine di uomini e di animali da tiro ha reso concreta.
Sono partite da Venezia, nel gennaio del 1439, 25 grosse imbarcazioni, tra cui alcune galee e fregate, imboccando la foce dell’Adige a Sant’Anna di Chioggia, risalendo il fiume controcorrente trainate con lunghe corde da buoi e cavalli che percorrevano gli argini naturali del fiume, le “alzaie” (Non c’erano ancora i possenti argini realizzati oltre un secolo dopo). Dopo 130 chilometri di percorso la flotta giunse a Verona dove le galee furono portate fuori dall’acqua e trainate a terra perché non passavano sotto i 4 ponti allora esistenti e poi rimesse a galleggiare in Adige dopo il ponte scaligero. Da Verona a Ravazzone (Mori – TN) il viaggio ebbe grosse difficoltà: per il basso fondale, per cui alle navi più pesanti vennero applicati dei galleggianti; per la sinuosità del fiume e per la presenza di rudimentali ponti. Il ponte di Pilcante di Ala venne addirittura demolito.
Vennero utilizzati 2000 buoi requisiti sul luogo, e tutto l’ingegno di sterratori, falegnami, carpentieri, marinai, rematori e uomini del luogo per abbattere ponti, case e spianare la strada
Giunti a Mori le imbarcazioni vennero tirate a secco e qui incominciò il tragitto più difficoltoso e più ardito, attraverso i monti, per giungere al Garda. Con l’opera di centinaia di operai (sterratori, falegnami, carpentieri, marinai, rematori e uomini del luogo), si spianò quella che sarebbe diventata la strada su cui far transitare, su tronchi d’albero usati come rulli, le imbarcazioni. Vennero utilizzati 2000 buoi requisiti sul luogo, grosse funi, e tutto l’ingegno di cui erano capaci gli ideatori di simile impresa.
Lo storico Raffaele Zotti nella sua “Storia della valle Lagarina” del 1862 scrive in proposito:
“Rimorchiate a forza di attiragli grosse navi da Verona fino a Ravazzone, da questo paese fino a Torbole vennero acconciate ed allargate le strade, rompendo i macigni, tagliando gli alberi e ogni altra cosa che ostavasi a quella grandiosa impresa; quivi levate le navi dall’acque furono locate su appositi carri, indi a forza di cavalli e di bovi vennero condotte fino alla discesa di Torbole venticinque galee, e di là con funi vennero lanciate nel lago, e tale era il loro peso, che al dire de’ cronologi, gli ulivi ai quali erano assicurate le funi onde rallentassero l’impeto della caduta delle galee nell’acqua, si ruppero tutti”.

La strada “Santa Lucia”, dove avvenne la discesa della flotta veneziana dai monti fra la valle dell’Adige e il Garda è di origine romana. Oggi è apprezzata come passeggiata gradevole e poco impegnativa che, partendo da Nago, ai piedi dei ruderi di Castel Penede, in circa un’ora e mezza scende al centro storico di Torbole, attraverso terrazzamenti e ulivi, così si può godere di viste magnifiche sul lago, consapevoli di attraversare la nostra storia.
Vi è, anche, una ciclabile asfaltata e ombreggiata, che passa nel bosco da Mori a Torbole, sul sedime della vecchia ferrovia a scartamento ridotto, dismessa nel 1936, realizzata sempre sull’antico tracciato romano e sul percorso delle galee veneziane!
Se la salita comportò la demolizione di alcune abitazioni, la costruzione di ponti e altre infrastrutture, più difficoltosa fu la discesa verso il lago, a volte per la forte pendenza della montagna, per cui le navi vennero legate a grossi massi e agli alberi per regolarne lo scivolamento con l’uso di argani. Inoltre vennero spiegate le vele per sfruttare l’”Ora del Garda”, un forte vento che soffia da sud nel pomeriggio, per alleggerire la spinta in basso delle navi.
Nell’aprile del 1440 vinse l’epica battaglia, liberò definitivamente Brescia e acquisì il completo dominio del lago di Garda
Giunti sul lago, a Torbole, le navi furono riparate dai danni subiti durante questo epico viaggio, e poi incominciarono a portare rifornimenti e armi a Brescia, ma la marina del ducato di Milano contrastò questa iniziativa incrociando e sconfiggendo la flotta veneziana al comando del capitano Pietro Zen, ad aprile e a settembre del 1439.
Ma i veneziani non furono domi, nel corso del restante 1439 e inizio ’40 allestirono a Torbole una seconda e più potente flotta anche con il materiale portato da Venezia attraverso la strada Adige-Garda già collaudata e, ad aprile del 1440, la nuova flotta comandata da Stefano Contarini si scontrò con quella milanese al largo del Ponale vincendo la battaglia e acquisendo il completo dominio del lago di Garda e a liberare Brescia.
Nel soffitto della sala del Maggior Consiglio nel Palazzo Ducale di Venezia c’è un dipinto del Tintoretto che rappresenta questo durissimo scontro con la flotta milanese.