“Cimice asiatica”, cronaca di un flagello annunciato
Questo insetto è arrivato in Italia solo da pochi anni, ma la sua diffusione è stata velocissima e il danno prodotto sui frutteti sempre maggiore
Quando esordii a scrivere in questa rivista, il mio primo articolo trattò di insetti pentatomidi (cimici). Mai avrei immaginato che sarei dovuto tornare sul tema. Purtroppo però questo insetto sta avendo un impatto enorme (in senso negativo) sulla produzione agricola delle nostre zone e questo rende necessario fornire nuove informazioni sull’argomento. Mi riferisco, in particolare, alla Cimice Asiatica (il cui nome scientifico è Halyomorpha halys), conosciuta in America come Brown marmorated stink bug. Si tratta di un pentatomide dalle notevoli potenzialità di danno, caratterizzato da una rapida diffusione e da difficoltà di controllo. Come suggerisce il nome, essa è originaria dell’Asia dove si comporta da fitofago occasionale ed è controllata da diversi antagonisti naturali. Quando, invece, è stata introdotta (accidentalmente) nel nord est degli Stati Uniti, dove si è insediata, la musica è cambiata: l’insetto, senza predatori naturali e in un ambiente nuovo ricco di frutteti, ha causato danni per milioni di dollari, diventando rapidamente il fitofago più pericoloso per le colture frutticole. In Europa la sua prima presenza è stata segnalata già dal 2004 (Svizzera) per poi essere notata anche in Italia (2012) nel Cuneese e Modenese. Dal 2014 dal Piemonte e dall’Emilia Romagna gli avvistamenti cominciano a fioccare anche se manca la percezione dei danni che può arrecare. Nel 2015 parte il monitoraggio nell’area di Modena e Reggio Emilia (due provincie ad alta concentrazione di pero), nel 2016 la rete di monitoraggio parte anche in Veneto, ma le segnalazioni sono sporadiche e solo nel Trevigiano (zona di produzione del Kiwi) risulta in concentrazione abbondante e preoccupante. Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 si susseguono convegni e riunioni dove si informano e sensibilizzano tecnici e agricoltori sulla probabile futura presenza dell’insetto e sulle strategie di monitoraggio e di primo intervento. All’appello mancano Comuni e rappresentanti del territorio forse perché si pensa che la cimice sia solo un problema agricolo e di agricoltori. A metà 2017 (momento in cui scrivo) la diffusione è totale: in alcune zone si dichiara che non è presente, ma è più probabile che si osservi poco e male o che ci si di troppo delle trappole le quali, tra l’altro, spesso non coprono sufficientemente il territorio non catturando l’insetto.
Accade troppo frequentemente, ormai, che le trappole risultino vuote ma che si trovino danni importanti causati dalla cimice su molte colture a partire da ciliegio, albicocco, pesco (nettarine in particolare), pero, melo, soia, vite e quanto altro commestibile. Ho incontrato persone che hanno riscontrato danni su pesco in giardino o su fagioli e pomodoro in orto senza sapere che ormai ce l’avevano in casa. L’insetto ha una spiccata tendenza a nascondersi in microhabitat, anche fuori dal campo coltivato (ad esempio siepi e piante spontanee come il susino). La diffusione avviene tramite l’uomo, le merci e i bagagli. Si tratta di un insetto molto mobile e veloce, oltre che dannoso in tutti gli stadi (diverse dimensioni), specializzato in movimenti in spazi ristretti: le ninfe coprono 20 metri in 5 ore, gli adulti possono volare per 2 km al giorno (distanza massima coperta 116 km ad un’altezza di 26 metri). La Cimice Asiatica ha cicli di riproduzione sovrapposti con presenza contemporanea di tutti gli stadi (5 in totale) e molto numerosi (è un insetto anche gregario che si riunisce in gruppi attraverso un feromone di aggregazione). Essa diventa dannosa in brevissimo tempo e incrementa la diffusione in autunno per poi trovare riparo, nella forma adulta (per trascorrere l’inverno), in tutte le anfrattuosità disponibili (dalla legna accatastata, nel sottocoppo dei tetti, negli angoli dei fabbricati, nello stesso frutteto, all’interno dei copripalo in plastica ecc…). Come tutte le altre cimici del resto. Grazie alla sua enorme biodiversità dovuta a introduzioni in tempi diversi e incroci tra popolazioni diverse (questo crea sempre nuove combinazioni genetiche), il suo controllo è difficoltoso sia con interventi chimici, dove sono pochi gli insetticidi ammessi ed efficaci, per non parlare del biologico dove ci sono solo alcuni prodotti disponibili e di incerta efficacia. Ma allora come ci dobbiamo comportare? Per prima cosa suggerisco il monitoraggio: rilievi settimanali a partire da marzo-aprile con conteggio di adulti e neanidi. Prestare attenzione in particolar modo alla parte alta della pianta, specialmente nelle occasioni in cui si diradano albicocche, pesche e mele per poter individuare precocemente i danni, utilizzare trappole per la cattura e cambiare spesso la posizione delle stesse (alcuni tipi di trappola – ad esempio le Rescue – sembra catturino meno rispetto a trappole trecè). Vorrei sottolineare che posizionando la trappola lontano dal frutteto non si ottengono indicazioni precise sulla reale presenza di cimici nel campo coltivato: le indicazioni di presenza/abbondanza si ottengono nel contesto in cui la trappola è posizionata! Occorre dunque preferire il posizionamento nei lari esterni in numero di 3-5 per azienda.
I trattamenti sono indispensabili ma non sufficienti e, come già accennato poc’anzi, poche sono le molecole a disposizione e ancora meno quelle disponibili nel biologico. Spesso, trascorsi alcuni giorni dal trattamento insetticida, la cimice si ripresenta (in Emilia Romagna, nel 2016, si sono registrati anche 10 interventi). Senz’altro occorre una strategia multipla, cioè applicare diffusamente la confusione sessuale contro la carpocapsa (così da dirottare alcuni prodotti contro la cimice) e, dove possibile, coprire i frutteti con reti anti-insetto (sia con la tecnica del monoblocco, sia con quella del mono la ma precoce) che dai risultati ottenuti sembra la soluzione migliore. Oltre la protezione occorre adottare tutti i mezzi utili a ridurne il numero di adulti svernanti, bene allora raccoglierli e distruggerli in tutti i modi: specialmente colpendo, con insetticidi, gli adulti svernanti quando escono dai ripari invernali (è questa la fase più sensibile da parte degli insetti).