Emergenza, la nuova dittatura nel mondo globalizzato

Emergenza! Non ne usciamo più … Non bastassero le angosce che la parola stessa evoca, continuiamo ad inciamparci involontariamente: finita una ne inizia un’altra e ognuna porta a una “stretta”, a “un giro di vite”, a una restrizione delle nostre abitudini, momentanea – per carità – legata al perdurare dell’emergenza, ma infondo si tratta sempre di un “ritocco” al nostro stile di vita. Non che alcune di queste misure non siano auspicabili anche al di fuori di uno stato di emergenza, è il caso dell’uso parsimonioso della risorsa acqua durante la recente siccità, ma già prima ce n’erano state. Quelle legate al Covid. Ricordate? Divieti di uscire di casa, di incontrare le persone, di fare viaggi, obblighi vaccinali, etc, etc. Insomma la direzione da prendere a livello collettivo e di società non è più solo caldeggiata, è legalmente imposta. Qualcuno potrebbe anche pensare che una situazione del genere non s’è vista neanche sotto alle più restrittive dittature, ma tant’è che oggi il regime assoluto è quello dettato dell’emergenza. Che sia il cambiamento climatico, l’insorgere di epidemie, lo scoppio di una guerra il destino che ne segue ci accumuna tutti, l’uscita è per tutti dalla stessa parte.
E anche per far fronte all’incipiente inverno la stretta ci accumuna, per riuscire ad attraversare i mesi freddi con le scorte di gas che l’Italia è riuscita a racimolare, per surrogare la fornitura russa dalla quale eravamo dipendenti prima della guerra in Ucraina, occorrerà, intervenire sulla manopola del riscaldamento, per abbassarlo di un grado (da 20 a 19°) e per tenerlo acceso un’ora in meno, la sera, sia nelle case che negli uffici pubblici a partire da ottobre. E capirai … questa è una misura, come per l’acqua, da perseguire anche senza la stretta contingenza dell’emergenza: il problema serio è quello del rincaro dei prezzi dei carburanti, che imporranno ai termostati delle famiglie di stare ben al di sotto della soglia consigliata. Se nel 2021 per accendere il camino o la stufa a legna bastavano 10-12 euro al giorno, quest’anno ce ne vorranno 18 o 20. Il costo del gas lo scorso inverno si aggirava sui 170 €/MWh mentre quest’anno viaggia sui 280 € e non è detto che si fermi. Un sacco di pellet da 15 kg, classe A2, lo scorso anno costava circa 4 euro, quest’anno sta dai 9 agli 11 euro, ammesso che lo si trovi.
In ogni caso, scaldarsi quest’anno costerà quasi il doppio
Pensiamo a chi percepisce 6-700 euro di pensione al mese, alle famiglie monoreddito, a quelle messe in ginocchio dal Covid o dalla siccità, già alle prese con il caro bolletta della luce e gli altri aumenti. Non è difficile immaginare che in quelle case tornino forme di riscaldamento improvvisate tipo caminetti portatili con le canne fumarie che sboccano direttamente sul terrazzo o qualcuno riesumi dai garage le vecchie stufe a incandescenza con la bombola del gas incorporata, quelle – per intenderci – che hanno fatto più morti delle shrapnel austriche su Carso. Solo qualche anno fa inseguivamo il sogno di case fieramente indipendenti, autarchiche in materia di luce e riscaldamento, con caldaie a biomasse, a pellet, a mais, pannelli solari e fotovoltaici per il riscaldamento dell’acqua sanitaria e dei termosifoni gestito da remoto, con la domotica, dal telefonino. Oggi ascoltando le preoccupazioni delle persone è tutto più lontano, come se quel futuro immaginato non ci rincuorasse più, se quella tecnologia innovativa fosse per pochi, un gioco elettronico da device. Siamo in emergenza. E allora viene da chiedersi se davvero l’altra vera emergenza – quella climatica – l’avessimo considerata seriamente o se nulla di quello che è stato inventato, per andare oltre i combustibili fossili, fosse stato progettato per resistere all’emergenza economica creata dalle tensioni e dalle calamità internazionali che, purtroppo, in un modo globalizzato finiscono con l’investirci tutti.