Sarà sempre estate
I ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze Meteorologiche hanno recentemente dichiarato che entro il 2100 la stagione calda potrebbe durare sei mesi
Quando inizia l’estate? La risposta è: dipende. Le stagioni vengono definite in due modi, dal punto di vista astronomico, in quanto si basano sulla posizione della Terra nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole, e dal punto di vista meteorologico, basandosi sul ciclo annuale delle temperature. Le date dunque cambiano: nel primo caso l’estate cade sempre in corrispondenza del solstizio tra il 20, 21 o 22 giugno, nel secondo caso i meteorologi ogni anno ne anticipano l’inizio. C’è anche chi l’estate la fa cominciare con i tormentoni che passano in radio e nelle discoteche, ma quello non fa testo, per loro non c’è più speranza. Cambiamento climatico o no, poco importa, non si accorgeranno di niente, l’estate rimarrà la stagione della spensieratezza anche quando durerà sei mesi l’anno. Non si tratta di una boutade, ma di un esito possibile emerso dagli studi recentemente condotti dai ricercatori del South China Sea Institute of Oceanology (SCSIO), guidati dall’oceanografo Yuping Guan, mettendo a confronto i dati climatici raccolti quotidianamente tra il 1952 e il 2011, in modo da verificare com’è cambiato il ritmo con cui si alternano le stagioni nell’emisfero Nord.
Nell’arco di 60 anni la durata dell’estate si è allungata da una media di 78 a 95 giorni
Queste informazioni sono state poi inserite nei modelli che studiano i cambiamenti climatici per simulare possibili scenari futuri. Dai risultati dello studio emerge che nell’arco di 60 anni la durata dell’estate si è allungata da una media di 78 giorni a 95, mentre l’inverno si è accorciato da 76 a 73 giorni. Anche le mezze stagioni si sono ristrette: la primavera è passata da 124 a 115 giorni di media, mentre l’autunno si è contratto da 87 a 82 giorni. I numeri confermano inoltre che primavera ed estate iniziano prima che in passato, mentre autunno e inverno cominciano più tardi.
La regione mediterranea è quella in cui il ciclo delle stagioni risulta maggiormente alterato.
In assenza di serie politiche rivolte alla mitigazione del cambiamento climatico è possibile che entro il 2100 l’estate durerà sei mesi, l’inverno meno di due, mentre primavera e autunno si accorceranno ulteriormente.
Se qualcuno sta prefigurando la previsione in chiave positiva, perché magari pensa ai risparmi che saranno possibili sul riscaldamento o semplicemente perché ama l’estate, le spiagge e i cocomeri, in realtà non c’è da gioirne. Il cambiamento ambientale che di conseguenza ne deriverebbe, sarebbe a dir poco apocalittico, sfasando i bioritmi di piante, insetti e animali, alterando intere comunità ecologiche e impoverendo l’agricoltura. Insomma in pochi anni potremmo trovarci in ambienti completamente diversi a quelli a cui siamo abituati. Certo: un tempo il Sahara era una verde pianura e la Pianura Padana un grande mare equatoriale, su questo non c’è dubbio, ma i cambiamenti che li hanno portati ad essere quello che sono oggi sono durati millenni. In questo caso, invece, stiamo parlando di una manciata di decenni e rispetto ad allora sulla terra ci siamo noi, che inevitabilmente ne seguiremo le stesse sorti. Lo studio, occupandosi di clima, non ne parla, ma a voler prendere in considerazione, così alla spicciolata, qualche supposizione consideriamo solamente la maggiore diffusione che avrebbero gli insetti … e di conseguenza le malattie di cui, alcuni di essi, sono portatori.
Per esempio la regina dell’estate: la zanzara, che solo qualche anno fa era l’indiscussa sanguinaria della notte, mentre oggi – nella versione ‘tigre’ – estende i suoi pruriginosi morsi anche nella penombra diurna se non nel pieno sole. Grattarsi sarebbe il minimo, a preoccupare – c’è da scommetterci – saranno invece i virus che trasmettono, come quello che provoca la febbre Dengue, la Chikungunya, che qualche anno fa colpì anche l’Emilia Romagna, o la West Nile con casi registrati anche lo scorso anno in Polesine. Pochi per fortuna, ma è da considerare che già oggi queste malattie rappresentano il 17% di tutte le malattie infettive e ogni anno nel mondo causano la morte a più di 700 mila persone. Merito della globalizzazione che mobilitando merci da ogni angolo del mondo ha diffuso, trasportandone le uova insieme agli imballaggi, nuove specie di insetti, come la già citata “Tigre”, la Xylellala, la cimice asiatica, che ha portato anche a un uso massiccio di insetticidi ad ampio spettro, per combatterla, e il loro impiego oltre a danneggiare gli ecosistemi è risultato assolutamente inefficace.
Con i flussi migratori che si svilupperanno dai luoghi resi invivibili dal cambiamento climatico e facile immaginare che arriveranno anche altre popolazioni oltre a quelle umane. E non c’è da immaginare sempre l’Africa come luogo di partenza, anche la Pianura Padana è uno dei luoghi più toccati dagli eccessi del cambiamento climatico. Le recenti alluvioni come conseguenza alle prolungate siccità, con le paurose secche del Po e dell’Adige, sono già un qualcosa che esce dalla memoria recente di questi luoghi.
E poi da considerare rimangono sempre i tormentoni estivi, avete idea di che cosa sarà vivere con la musica di Mengoni, Fedez o di Elodie, in “fissa” nelle radio, per sei mesi?