Opera Prima, l’unico metodo classico da uva Pinella
Ha impiegato quasi vent’anni di sperimentazione l’Azienda Agricola Reassi per una produzione che valorizzasse il grande autoctono euganeo. Da un vigneto che ha più di cento anni uno spumante affinato per 30 mesi in bottiglia, senza dosaggi, a zero impatto chimico: zero in campagna e zero in cantina. Il risultato è la purezza
Un prodotto è figlio di una terra quando riesce a trattenere e a conservare almeno un breve soffio di vento del suo luogo di origine. Vento per dire identità, per rivendicare il ruolo della custodia, per affermare con fierezza: ecco questa è la mia terra! C’è tutto questo nella nuova bottiglia prodotta dall’Azienda Agricola Reassi di Rovolon, Opera Prima, un nome che ne sottolinea l’originalità e allo stesso tempo conferma anche un certo azzardo nel suo processo di vinificazione.
“E il primo metodo classico biologico ottenuto impiegando uve pinella – spiega Diego Bonato che rappresenta la nuova generazione di vigneron alla guida della storica cantina di famiglia – un vitigno autoctono di cui sopravvivono appena 24 ettari in tutta l’area dei Colli Euganei e poco altro sul Collio Sloveno. Si tratta di un vitigno dall’origine molto antica: la Pinella prodotta nell’isola d’Arbe, l’attuale Rab, nel Golfo del Quarnaro, era molto rinomata nel Veneto nel XIII secolo. Sui Colli Euganei la rinascita di interesse per questa varietà coincise con la ricostruzione postfillosserica alla metà dell’Ottocento e si consolidò nel corso dei decenni successivi, anche grazie alle indicazioni dei primi studi enologici che ne caldeggiavano la coltura. E il nostro vigneto risale proprio a quegli anni, agli inizi del Novecento mio nonno su portainnesti di uva americana, resistenti alla filossera, fece attecchire i innesti di Pinella. Per decenni venne usata come uva da taglio per ottenere dei blend, ma dal 2004 è partita una sperimentazione, volta proprio a riaffermarne l’identità a la duttilità. Ci avvalemmo della competenza di un autorevole conoscitore dei vitigni e dei vini euganei, Claudio Giulivo, il quale ci confermò la bontà dell’iniziativa e ci spinse ad intraprendere un percorso di studio sulle opportunità di vinificazione della Pinella. Del resto l’acidità naturale del vino lo autorizzava, come del resto la struttura”.
Quanto durò questa fase di studio e di ricerca?
“Le prime esperienze risalgono al 2004, ma è dal 2018 che Opera Prima ha iniziato a trovare una propria fisionomia. L’obiettivo era proprio questo: volevamo un vino ‘immagine’ del territorio, che ne rispecchiasse la genuinità e la schiettezza. Infondo la Pinella è il nostro Sangiovese, ne possiede la stessa poliedricità e la stessa duttilità. Ci siamo riusciti attraverso la spumantizzazione, un metodo classico affinato per 30 mesi in bottiglia, senza dosaggi, a zero impatto chimico: zero in campagna e zero in cantina. Il risultato è la purezza… il frutto della vite trasformato in vino, senza aggiunta esogena”.
Un vino da portare sulle tavole del Natale?
“Assolutamente sì, abbiamo iniziato la commercializzazione della vendemmia 2019, è un vino che può accompagnare pranzi e cenoni delle Feste dall’aperitivo al fine pasto. Ideale con risotti, con i piatti di buona struttura, con le carni bianche. Per gli amanti del metodo classico è una buona alternativa ai Franciacorta o agli Champagne. Le sue finissime bollicine accarezzano il palato lasciando note di freschezza e sapidità. Un’opera d’arte frutto di grande attenzione verso la natura stessa”.
Un po’ di storia del vitigno
L’origine del vitigno è molto antica e va ricercata lungo la sponda orientale dell’Adriatico: la Pinella prodotta nell’isola d’Arbe (l’attuale Rab, nel Golfo del Quarnaro) era infatti molto rinomata nel Veneto nel XIII secolo. Si trova inoltre citata negli Statuti del Comune di Vicenza (1264) (Calò, Paronetto, Rorato, 1996). Di una Pinella coltivata in Friuli si ha notizia fin dal 1300, mentre sui Colli Euganei già nell’alto Medioevo si ha notizia di una Pinella o Pinola (Cancellier et al., 2003). L’uva Pinella si mantenne lungamente in coltura, ma di essa sembrano essersi perse le tracce per lungo tempo. Solo nell’800 venne infatti elencata nel Catalogo ed illustrazione dei prodotti primitivi del suolo e delle industrie della Provincia di Vicenza offerte alla pubblica mostra nel Palazzo del Museo Civico il 25 agosto 1855. La rinascita dell’interesse per questa varietà coincise con la ricostruzione postfillosserica e si consolidò nel corso dei decenni successivi. Le indicazioni contenute nel primo Indirizzo viticolo per le province venete prodotto dalla Stazione Sperimentale per la Viticoltura e l’Enologia di Conegliano del 1931 consigliarono infatti questa cultivar per la zona collinare della provincia di Padova e ancora, nel 1950, Montanari e Ceccarelli ne caldeggiarono un’ulteriore diffusione nell’area del Colli Euganei. La ripresa della Pinella venne favorita anche dalle raccomandazioni di Cosmo (1959), che ne sollecitò la coltivazione considerandola come fondamentale nella zona collinare padovana. Infine, anche i regolamenti CEE 2005/70 e 3800/81 la raccomandarono per la provincia euganea. Iscritta al Registro Naz. var. vite con D.M. 25.5.1970, col numero 192, è inserita tra le varietà idonee alla coltivazione nella provincia di Padova (DOC Bagnoli e Colli Euganei), dove viene impiegata soprattutto nella produzione del DOC Colli Euganei Pinello. Un tempo utilizzata soprattutto come uva da taglio per altri vini bianchi, è ora lavorata anche in purezza.