La latite del Monte Cecilia
Sul sentiero del percorso N. 8, che dal centro di Baone si inerpica verso i ruderi del castello distrutto da Ezzelino III da Romano, sono visibili gli affioramenti di latite caratterizzate dalle tipiche esfoliazioni cipollari, fenomeno di alterazione che si manifesta nelle rocce omogenee esposte agli agenti atmosferici
Articolo a cura di Franco Colombara
Se c’è un luogo sui Colli Euganei dove è evidente la spinta che 35 milioni di anni fa la lava vulcanica ha impresso al fondo calcareo dell’antico mare dell’Eocene è proprio il Monte Cecilia. Questo rilievo di appena 199 metri di altezza, infatti, costituisce un classico esempio di laccolite – ossia la formazione di una massa rocciosa intrusiva di forma lenticolare, formatasi per iniezione di magma entro rocce stratificate preesistenti, fra le quali trova posto incurvando in alto gli strati – dove i rapporti tra la roccia magmatica, una latite, e la roccia sedimentaria della formazione della Scaglia Rossa, sono regolari e ben interpretabili.
In una cava dismessa in località Moschine, vicino a Baone, si può osservare il contatto concordante avvenuto in corrispondenza di un giunto di strato lungo il quale la roccia vulcanica si è intrusa entro la roccia sedimentaria, sollevandola.
Successivamente l’erosione ha asportato in parte la copertura sedimentaria, demolendo parzialmente l’apparato laccolitico e mettendo a nudo per ampi tratti la roccia vulcanica di cui è costituito. Rimangono tuttavia ben visibili i rapporti tra le due formazioni al tetto del corpo eruttivo.
La latite (dal latino Latium , Lazio, dove queste rocce sono state classificate per la prima volta) è una roccia magmatica effusiva grigio scura a struttura caratterizzata dalla presenza di cristalli isolati immersi in una massa di fondo microcristallina o vetrosa (struttura porfirica); è povera di silice e ricca di silicati di ferro e magnesio (miche, anfiboli e pirosseni) e silicati di calcio e sodio (plagioclasi) che nelle zone più superficiali si manifesta in una tipica esfoliazione cipollare. Si tratta di un processo di alterazione progressivo, dovuto all’idrolisi di alcuni minerali, che si manifesta come una desquamazione della roccia secondo superfici concentriche e che procede dall’esterno verso l’interno del blocco, generando una morfologia – appunto – a cipolla. Tale fenomeno è dovuto alla formazione di fratture che si formano nella fase di raffreddamento del magma, quando si accumula sotto la copertura sedimentaria.
Le fratture principali presentano un andamento verticale, secondo la direzione di smaltimento del calore, ma nelle zone più elevate si formano anche fratture orizzontali e pertanto l’ammasso roccioso risulta fittamente suddiviso in tozzi prismi. In queste strutture l’azione delle forze esogene si sviluppa selettivamente lungo le fratture, sia verticali che orizzontali, determinando la suddivisione della roccia in sferoidi di separazione (termine introdotto da Rittmann nel 1958).
I principali affioramenti di queste rocce sono i basalti di Rovarola, le latiti della Montecchia e del Monte Sengiari e soprattutto le latiti del Monte Cecilia che sono visibili sul sentiero che risale direttamente verso la cima sul versante meridionale. Sul pianoro sommitale gli sferoidi si rinvengono abbondantemente sparsi sul terreno; negli spaccati dei sentieri del fianco occidentale vi sono parecchi punti favorevoli per l’osservazione del fenomeno.
Un po’ di storia
Il Monte Cecilia presenta senz’altro il fenomeno di esfoliazione cipollare più spettacolare di tutti i Colli Euganei, tanto da attirare l’attenzione degli studiosi fin dalla seconda metà del settecento.
Tra i tanti Autori che cercarono di interpretare il fenomeno – tutti non si possono ricordare in questa sede – oltre a Carlo Antonio Dondi dell’Orologio e Jhon Strange e da ricordare Nicolò Da Rio, il naturalista, geologo e letterato, che rappresenta, nel panorama scientifico del suo tempo, un vero anello di congiunzione tra la cultura scientifica del settecento e le idee innovatrici dell’ottocento. Nel 1836 pubblica l’Orittologia Euganea, la pietra miliare dei moderni studi geologici sugli Euganei. Nell’Orittologia troviamo precisi riferimenti agli sferoidi di Monte Cecilia (che chiama monte Castello di Baon) ed una corretta interpretazione del fenomeno, designato come conformazione testacea o cipollare della masegna.
Da l’Orittologia Euganea:
“Ora tornando alla trachite, o delle altre rocce che si presentano sotto l’indicata forma, dirò l’etiologia di questo fenomeno, e la causa più naturale di tale configurazione, è da riconoscersi nella progressiva decomposizione delle rocce, dovuta alla lenta influenza dell’umidità, del gelo, e di simili agenti, de’ quali non cessa mai l’azione distruggitrice sui materiali del globo. E’ certo che tale azione deve esercitarsi in preferenza con maggior forza sulle parti saglienti e sugli spigoli d’una roccia, e quindi saranno questi i primi a perdersi, e la massa a poco a poco s’accosterà alla figura sferica; in pari tempo però, esercitandosi anche sulla restante parte della superficie, ne verrà alterato pure il tessuto, che si stacca dall’intera massa, e così formerà la prima corteccia e il primo strato concentrico; la decomposizione poi seguitando ad agire, produrrà un secondo, un terzo strato, e infine si avrà una palla a strati concentrici, ossia a forma cipollare o testacea, che avrà il nucleo ancora solido, e la cui tessitura sarà tanto più lasca, quanto più vicina all’esterior superficie”.