“STUDIARE?
Questo era il pensiero comune, fino a mezzo secolo fa, verso chi, figlio di contadini, tentava di avere un “Pezzo di Carta”, reo di togliere “Braccia all’agricoltura”. Inoltre, in cinque “maturandi” di allora, siamo andati in ritiro “PRIMA DEGLI ESAMI” a Sottomarina, senza soldi, perché con l’afa e i lavori nei campi a casa non si poteva studiare! È stato il nostro “Rural ’69” indimenticabile! E siamo stati pure promossi!
Pensando a tutti gli studenti che in questi giorni sono alle prese con gli esami in questo inizio estate gli esami di maturità, non posso non andare con il ricordo ai miei tribolati esami, raggiunti faticosamente mezzo secolo fa dopo anni di studio-lavoro: studio nel tavolo multiuso della cucina di casa e lavoro nei campi e nella stalla della corte dove sono nato. Figlio unico di padre con problemi seri di salute, ho dovuto aiutarlo fin da bambino nei lavori anche pesanti che non doveva e non poteva fare, pur di mantenere un equilibrio nella famiglia patriarcale che mi ha generato. E mia madre faceva altrettanto, lavorando sia nei campi che in casa! Di conseguenza io ero deputato a perpetuare un mondo rurale fermo da secoli, con le sue ataviche certezze, con una povertà diffusa ma dignitosa, con i divertimenti a chilometri zero, ma anche con le sue difficoltà di convivenza nel microcosmo che erano le famiglie patriarcali gravitanti in una corte. In queste la tua vita non è quella che ti tramandano i genitori, ma è “la vita della corte”, con regole non scritte ma inesorabili: non ricordo che mio padre mi prendesse sulle ginocchia da bambino, non poteva farlo perché il ruolo dell’uomo ne sarebbe risultato sminuito. Nelle corti contadine tutti avevano diritto di parola, di consiglio e di giudizio, come se si trattasse di un ente precostituito, una cellula di secondo livello della società.
Intanto, mentre guidavo faticosamente il pesante trattore, allora senza servomeccanismi, lungo le capezzagne polverose, pensavo a che cosa lo faceva muovere, a come era fatto dentro, non mi bastava trainare il carro con un ammasso di ferro e ghisa al posto delle mansuete vacche, desideravo conoscere come funzionava! E inoltre, le ferie estive da noi in campagna dei cugini di città mi facevano capire che c’era “un altro mondo”, un modo di vivere più aperto, anche se più incerto della monotonia ripetitiva della vita della corte. Così, tra l’indifferenza famigliare e locale sono diventato uno che “non ha voglia di lavorare i campi”, anche se tutte le ore libere, domeniche comprese, erano dedicate ad aiutare la famiglia in questi lavori! E anche altri quattro amici hanno fatto questa scelta che ci condannava sempre senza soldi, a girare in bicicletta, mentre i nostri coetanei disponevano già del motorino e frequentavano i primi locali da ballo con juke-box.
Intanto gli anni passavano fra sudati studi e aiuto nei campi, apprensivi colloqui dei genitori con gli insegnanti, scioperi incompresi per noi di campagna, dato che la campagna non fa mai sciopero
Intanto gli anni passavano fra sudati studi e aiuto nei campi, apprensivi colloqui dei genitori con gli insegnanti, spostamenti in bicicletta fino allo “stallo” (la custodia delle bici), pullman, percorsi veloci a piedi fino alla scuola, pranzi divorati a tarda ora, scioperi incompresi per noi di campagna, dato che la campagna non fa mai sciopero, del ’68 politico contro il “Sistema”, dove gli studenti più facinorosi, da adulti, sono diventati loro stessi furbescamente “Sistema”. Arrivati al tempo degli esami di maturità (allora si svolgevano dal primo di luglio), noi cinque amici tentavamo di recuperare le materie tralasciate durante l’anno, studiando nei giorni che andavano dalla fine dell’anno scolastico alla “Grande Prova”! Alla sera ci incontravamo, seduti sulla sponda del “zelèse”, per fare il punto della situazione ma, tra il caldo afoso della bassa, il frumento da mietere e tanti lavori nei campi che ci distoglievano, abbiamo pensato che nelle nostre case non si poteva studiare! Così abbiamo deciso di andare in ritiro, magari per poco e, data la situazione delle nostre tasche, abbiamo scelto di isolarci a Sottomarina per alcuni GIORNI PRIMA DEGLI ESAMI!
Siamo partiti di pomeriggio, chi in corriera, chi trasportato da un parente per risparmiare i soldi del biglietto! Ci siamo portati i libri delle materie più ostiche, dandoci appuntamento davanti ai Bagni Clodia. Quelli del passaggio in auto sono arrivati dopo un’ora, perché alla vecchia Fiat 600 “Sabrina” carrozzata Fissore, bolliva di continuo l’acqua del piccolo e stanco motore per una grande carrozzeria a sei posti. Ricomposto il gruppo abbiamo sondato i prezzi per l’affitto di una camera per qualche giorno, ma eravamo fuori budget! Finalmente abbiamo trovato un alloggio giusto per noi: un box in lamiera zincata, montato su una terrazza al quinto piano di un palazzo, con cinque brandine accostate e materassi senza lenzuola a 10.000 Lire per tre giorni! Avevamo anche a disposizione un rubinetto con l’acqua e un tavolino con sedie. Queste lamiere al sole non ti lasciavano dormire dal caldo, perciò ci alzavamo alle sei del mattino, andavamo in spiaggia a camminare, a ridere e scherzare fino a mezzogiorno. Dopo il pranzo ci riposavamo un po’ in terrazza, per ritornare in spiaggia fino a ora di cena. Poi ci facevamo belli per andare a camminare sul Lungomare e tentare di conoscere qualche ragazza e a vedere le persone che andavano a ballare, o a cena, ma senza entrare nei locali perché dovevamo tenerci i soldi per la corriera, al ritorno.
Verso l’una di notte tornavamo nella nostra “suite”, dormivamo poche ore senza lenzuola e senza federe, per tornare in spiaggia la mattina presto. I libri sono rimasti nel box, solo Adriano, il più bravo a scuola, si è portato i libri in spiaggia, ma sono rimasti nella sabbia, al sole! A quel tempo solo uno di noi aveva “mezza morosa”; nei giorni al mare abbiamo conosciuto qualche “tosa”, ci siamo scambiati gli indirizzi ma tutto è finito lì. Per i pranzi e cene, sempre per il problema economico, siamo andati a far spesa in un negozietto comperando scatolette di tonno e di fagioli cannellini, pane, vino frizzantino, cinque bicchieri, cinque forchette e cinque piatti di plastica, che dopo lavavamo per il riutilizzo. Dopo pranzo Adriano, che purtroppo ci ha lasciato da poco per un tumore, fumava una sigaretta e aveva l’abitudine di spegnere la cicca nel piatto. Ma il piatto era di plastica e così lo ha bucato, e per il resto del nostro “ritiro” ha mangiato direttamente dalle scatolette! Siamo tornati a casa con i soldi finiti, siamo andati a fare gli esami, siamo stati tutti promossi, Adriano con bei voti, noi con una pedata sul didietro, qualcuno è andato a militare, io e Adriano no, abbiamo fatto lavori diversi in posti diversi, ci siamo sposati, avuto figli e qualcuno anche nipoti, è passato mezzo secolo ma il ricordo di quei giorni irripetibili ci segue sempre e sono convinto che anche Adriano da Lassù sorrida, lui che era sempre serioso, per quei giorni fantastici!