Agosto, paese mio non ti riconosco

Le vacanze siano un tempo di sospensione dal lavoro, ma non dalla “civiltà”
L’estate anche quest’anno ha portato con sé la voglia di vacanze. Tutti desideriamo “staccare” un po’ dopo un anno di intenso lavoro, di stress, di corse da un posto all’altro. Per molte persone però, le vacanze non sono soltanto un desiderio che si cerca di esaudire, condizioni permettendo, ma un vero e proprio bisogno che va assolutamente soddisfatto, costi quel che costi. Conosco personalmente gente che reputa le vacanze una questione di vita o di morte. Non sto scherzando. Del tipo: “Vado in vacanza anche se ho un anziano in casa non auto-sufficiente e prego di trovarlo vivo al mio ritorno”, magari trovandogli una badante per poche ore al giorno. Oppure ci sono quelli che l’anziano lo portano alla Casa di Riposo pur di non rinunciare a 15 giorni di tintarella. E che dire di quelli che l’anziano lo portano direttamente al pronto soccorso e lo fanno ricoverare a tutti i costi, per poi “dimenticarselo” lì un mesetto? Non sono notizie ingigantite: ho parlato con medici che già ora si stanno adoperando per far fronte alla richiesta inumana di posti letto che a breve esploderà negli ospedali: saranno tutti occupati da nonnini che sono diventati un peso per le proprie famiglie, le quali reputano il Servizio Sanitario Nazionale alla stregua della catena Blu Hotels. Una sensibilità da orchi. Pensavo che con l’abbandono degli animali in autostrada di aver visto il “fondo”, invece c’è anche chi scava.
Ma che cosa ci sta succedendo?
Come abbiamo fatto in pochi anni a diventare così egocentrici, così egoisti, così vanitosi? Indubbiamente sono atteggiamenti figli dell’epoca dell’apparire, di cui le vacanze sono uno dei tanti specchi. Ma non importa se l’immagine riflessa è quella di un mostro, l’importante è lo specchio.
Penso che su questo ci sia da riflettere, sul crollo dei valori, e sul dilagare della cattiveria, in una società perturbata da fenomeni forti quali la globalizzazione e le ricorrenti crisi economiche, che rischia di derivare verso un sistema molto più ingiusto di quello a cui eravamo abituati. I social network di questo disagio sono sia la spia che il megafono, basta vedere le quantità spaventose di post violenti che ogni giorno vengono pubblicate in rete. Dovremmo pensare che bisogna ricominciare, riscrivendo una nuova educazione, non soltanto all’uso dei social, ma anche più in generale alle emozioni. Va compreso una volta per tutte che questo sentimento non va sottovalutato. Tanto più oggi in cui il richiamo alla società e allo stare “insieme” non è un auspicio filantropico ma una necessità. Con l’unione degli sforzi si affrontano gli esiti devastanti delle alluvioni, come nei casi recenti dell’Emilia Romagna, si affrontano le macerie dei terremoti, si riparte dopo un’epidemia. La globalizzazione ci ha portati a condividere un destino comune e c’è un’urgenza che, una volta in più, ci vede tutti coinvolti: quella di affrontare il cambiamento climatico. Quindi facciamo in modo che le vacanze non siano la sospensione della “civiltà” e dell’intelligenza, ma un’occasione seria per riposarci e semmai riflettere. In questo senso sì, non c’è tempo da perdere.