Il mondo non … resta a casa
La pandemia ha raggiunto tutti i continenti, ma non ferma alcuni processi in atto
Prima #milanononsiferma, poi #iorestoacasa: nell’era dei social network la politica comunica sempre più spesso attraverso gli hashtag, anche quando si tratta di affrontare problematiche connesse alla diffusione del coronavirus. All’inizio di marzo, quando la situazione sembrava sotto controllo, circoscritta, e i governatori di alcune regioni lamentavano misure troppo restrittive da parte del governo nazionale, ha cominciato il Comune del capoluogo lombardo: #milanononsiferma doveva essere un appello a non cedere alla paura, al panico ingiustificato. Poi, però, quando l’emergenza sanitaria è apparsa in tutta la sua gravità, il presidente del consiglio ha replicato con un nuovo hashtag: #iorestoacasa.
Se entro il 12 aprile non ci saranno ricadute nei pazienti guariti da ebola, l’emergenza nella Repubblica democratica del Congo potrà dirsi finalmente rientrata. Una buona notizia, in attesa di un miglioramento anche sul fronte del covid-19
Messe da parte – più o meno – le schermaglie di partito fra maggioranza di governo e opposizione, i riflettori dei media sono stati puntati tutti sulla diffusione del virus, sulle misure di contenimento e sul comportamento dei cittadini. Anche la politica estera ed economica è monopolizzata dal problema sanitario. Ed è giusto che sia così, perché la situazione è grave: più grave dell’emergenza sars scoppiata tra il 2002 e il 2003 e dell’epidemia di ebola che per anni dal 2014 ha martoriato alcuni paesi dell’Africa occidentale. A questo proposito, all’inizio di marzo i vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno annunciato che, se entro il 12 aprile non ci saranno ricadute nei pazienti guariti, l’emergenza nella Repubblica democratica del Congo potrà dirsi finalmente rientrata. Una buona notizia, in attesa di un miglioramento anche sul fronte del covid-19.
Forse c’è stata una buona notizia anche per il futuro dell’Afghanistan: alla fine di febbraio un delegato degli Stati Uniti ha firmato l’accordo per un percorso di pace con il rappresentante dei talebani, e Trump conta di riportare a casa i soldati americani entro aprile 2021, mettendo fine a una guerra che dura da diciannove anni. Solo pochi giorni dopo, però, all’inizio di marzo, ci sono stati ancora scontri a fuoco tra le truppe americane, i talebani e le forze armate afghane: la tensione resta alta, il presidente Ghani ha escluso che l’accordo firmato dagli americani preveda la liberazione di prigionieri. C’è una base nuova su cui lavorare, ma la strada rimane lunga e in salita.
I venezuelani emigrati in altri paesi confinanti diventeranno più di 5 milioni. Un esodo che nel mondo è secondo solo a quello dalla Siria, con 7 milioni di profughi
Per un fronte che, forse, si chiuderà, tanti sono quelli che restano aperti, dalla Siria alla Libia, fino al Venezuela. Guerre e crisi umanitarie, che causano migrazioni di massa: l’Alto commissariato Onu per i rifugiati prevede che entro la fine di quest’anno i venezuelani emigrati in altri paesi confinanti, a partire dalla Colombia, diventeranno più di 5 milioni. Un esodo che nel mondo è secondo solo a quello dalla Siria, con 7 milioni di profughi. Un esodo che sta facendo salire la tensione anche fra Turchia e Grecia e, almeno in teoria, l’intera Unione europea. Nella prima metà di marzo gli sbarchi di migranti arrivati in Italia sono diminuiti sensibilmente, ma l’andamento è variabile e i prossimi mesi saranno cruciali per molti paesi africani, che oggi sono devastati da sciami di cavallette e presto potrebbero dover affrontare una carestia rovinosa.
In queste settimane è doveroso seguire le direttive del Governo, rimanendo il più possibile in casa per superare la pandemia da coronavirus, ma dobbiamo anche essere consapevoli che là fuori c’è un mondo fatto di tante situazioni diverse, che procede per la sua strada e con il quale dovremo fare i conti quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata.