L’acqua, una ricchezza che scompare

È bastato un inverno con poche precipitazioni per mettere in secca i corsi d’acqua e portare a concentrazioni altissime l’inquinamento nei fiumi, l’acqua inizia a scarseggiare anche in una terra dove storicamente ve n’è stata troppa
Mentre scrivo, nonostante qualche precipitazione qua e là, l’Italia sta attraversando un momento di deficit idrico molto preoccupante, specialmente per l’agricoltura. Il nostro Paese in generale, e le regioni del Nord in particolare, non ha mai accusato gravi carenze del prezioso liquido. Le nostre montagne e i nostri ghiacciai hanno sempre conservato con cura l’acqua che ci sarebbe servita durante i mesi caldi sotto forma di neve e ghiaccio. Ora, per vari motivi, queste riserve naturali si sono ridotte e ciò comporta una considerevole riduzione della disponibilità di acqua dolce. Anche se l’acqua occupa il 70% circa della superficie terrestre, di questo solo il 2,5 – 3% è acqua dolce, mentre il resto è acqua salata, inutilizzabile per scopi umani, industriali e agricoli. Inoltre, solo l’1% circa dell’acqua dolce è raggiungibile e disponibile per scopi umani; la restante è intrappolata in ghiacciai e nel sottosuolo. Per molto tempo questo 1% è stato sufficiente. Ma l’assalto alle zone umide, la crescita demografica, l’aumento dei consumi pro-capite e l’inquinamento hanno fatto saltare in molte aree del mondo un equilibrio già fragile. E ora il cambiamento climatico minaccia di assestare il colpo finale. Così, mentre l’acqua diventa sempre più preziosa, l’Italia si trova esposta al terzo debito idrico del pianeta. Tanto per ricordare qualche dato: il fabbisogno minimo biologico pro-capite per la sopravvivenza umana è di 5 litri di acqua nelle 24 ore; per parlare di condizioni di vita accettabili occorrono non meno di 50 litri di acqua al giorno per ogni essere umano. Per molti abitanti della Terra tale cifra è un miraggio, un’utopia. Senza cibo si può vivere un mese, senza acqua non si supera una settimana. Il problema dell’acqua, o dell’oro blu, è che questa molecola non è equamente distribuita nei Paesi del mondo, tanto che la sua scarsità o assenza causa con itti tribali e guerre locali (si veda ad esempio quello che sta succedendo in Africa, Siria, ecc.).
Lo sviluppo economico e sociale, l’aumento della popolazione e delle sue esigenze sia alimentari che igieniche richiedono sempre più acqua dolce (potabile), ma essa tende a scarseggiare e una parte notevole risulta anche inquinata: secondo lo scienziato Louis Pasteur, attraverso l’acqua beviamo circa il 90% delle malattie. L’opinione pubblica tende ad additare l’agricoltura come la maggior responsabile del consumo (io preferisco usare il termine impiego) idrico in Italia e nel mondo. Ora, che l’agricoltura moderna impieghi una grande quantità di acqua per le coltivazioni e per l’allevamento, è innegabile. Tale impiego si aggira intorno al 60-70% dell’uso totale di acqua dolce, mentre il 22-25% è impiegato dall’industria e il restante 8-15% destinato all’uso domestico. Sono convinto che nessun imprenditore (agricoltore, industriale) che si rispetti consumi acqua a dispetto del buon senso (visto e considerato che tale bene viene erogato a pagamento!): probabilmente esistono altri motivi per cui questo bene viene sprecato. Apro una parentesi: l’agricoltura (ricordo che in economia è definito settore primario) produce beni destinati all’alimentazione (umana e animale) e credo che tutti questi prodotti contengano molta acqua (par tale motivo sono definiti deperibili). A metà del 1700 la popolazione contadina e rurale rappresentava l’80% della popolazione totale e questa doveva provvedere alla produzione di beni per se stessa e per il restante 20% della popolazione residente nelle città. In circa 300 anni (tre secoli) i parametri si sono rovesciati: nel 2010 il 20% della popolazione produce beni alimentari per il restante 80% della popolazione che vive nelle città. Nel frattempo, tuttavia, la popolazione mondiale è passata da poche centinaia di milioni a oltre 7 miliardi. Tutte queste persone devono essere sfamate e consuma- no direttamente e indirettamente molta acqua, anche grazie alle loro scelte alimentari.
L’impronta idrica misura il consumo diretto e indiretto di acqua per la produzione di beni e servizi e nel 1900 ammontava a 600 km3 di acqua con 2 miliardi di persone circa, ma nel 2025 si stima serviranno 6.000 km3 di acqua per circa 8 miliardi di persone. Traduzione: mentre la popolazione mondiale, in 125 anni, è quadruplicata, il consumo di acqua è decuplicato. Che fare allora? Agire sui cambiamenti climatici può non essere una soluzione rapida e sicura (se in montagna cade meno neve noi possiamo fare ben poco): di certo possiamo fare altro usando il buon senso. Possiamo eliminare gli sprechi. Posso suggerire di partire dall’agricoltura? In questo settore le perdite di acqua (canali rotti, condutture inefficienti) possono raggiungere il 30-40%, quasi la metà di tutta l’acqua impiegata nell’attività. Si potrebbe incentivare il settore nella raccolta dell’acqua piovana e in aggiunta fornire agli imprenditori finanziamenti per efficientare i sistemi idrici (impianti a goccia, impianti pivot, centraline per irrigazione dedicata e personalizzata per coltura, per tipo di terreno e per fase fenologica, durante i trattamenti fitosanitari – quando possibile – distribuire le miscele a concentrazione, impiegando la metà o un terzo dell’acqua distribuita a volume normale). L’industria potrebbe essere sensibilizzata maggiormente nel trattamento e recupero delle acque reflue. Ma anche il cittadino comune può metterci del suo. In Italia il consumo medio di acqua per abitante è di 175 litri al giorno (dato Istat del 2011), inferiore comunque ai 206 litri/giorno registrati nel 2002, ma comunque perfezionabili. L’uso domestico dell’acqua dolce è così suddiviso: 35% per igiene personale, 30% per servizi igienici (W.C.), 20% destinato al lavaggio di indumenti, 10% impiegato per cucinare, 5% utilizzato per la pulizia della casa. In questo conto manca, per esempio l’acqua consumata nell’irrigazione dei giardini, nel lavaggio di macchine e l’acqua che si beve (estratta da fonti e imbottigliata). Anche i cittadini comuni possono fare la loro parte: per esempio irrigare i giardini verso il mattino e limitare l’evaporazione dell’acqua distribuita altrimenti di giorno, oppure preferire la doccia rispetto al bagno in comode vasche (con l’equivalente di acqua di una vasca si fanno comodamente 3 docce!), altrimenti dotare gli scarichi w.c. di doppio pulsante (tasto normale e tasto economico), o dotare le nuove abitazioni di circuiti di recupero e stoccaggio dell’acqua piovana. Occorre sempre ricordare che l’acqua è un bene prezioso e il fatto di vivere in un Paese che non ha mai sofferto di vera siccità o di disponibilità di acqua non deve essere un alibi per non cominciare a risparmiarla e trattarla bene. Molte civiltà del passato sono scomparse perché non hanno saputo gestire proprio l’acqua.