Parco dei Colli Euganei, un futuro tutto da discutere
L’emendamento alla legge istitutiva dell’Ente Parco, promosso dal consigliere regionale Sergio Berlato per combattere il problema dei cinghiali, ha compattato i sindaci intenzionati a mantenere l’attuale perimetrazione. Ma la vera discussione sarà sulla “governance” dell’area collinare.
Restringere i confini del parco e allargare quelli delle zone di caccia per dichiarare guerra ai cinghiali. E’ questa, in soldoni, la proposta che il consigliere eletto nelle liste di Fratelli d’Italia, Sergio Berlato, ha presentato lo scorso dicembre in Consiglio Regionale come emendamento alla legge regionale 10 ottobre 1989, n 38 (istitutiva dell’Ente Parco) collegato alla legge di stabilità regionale 2017. Una proposta che ha trovato la firma anche di alcuni suoi colleghi in maggioranza a palazzo Ferro Fini, ma che ha lasciato letteralmente di stucco il territorio euganeo. Di stucco per modo di dire, perché in realtà a muoversi sono stati in molti: le associazioni ambientaliste in primis, organizzate da subito in un fronte a difesa del Parco, ma anche la maggior parte delle amministrazioni comunali dei 15 municipi del parco e buona parte dei residenti, tutti preoccupati delle conseguenze che questa proposta, se accolta, potrebbe avere per il territorio. A qualcuno è sembrata un semplice “cadeau” ai cacciatori, visto che Berlato tra questi ha trovato i voti che lo hanno portato a sedere tra gli scranni della Regione, ad altri il solito sistema di risolvere il problema creandone uno più grande. Perché i cinghiali effettivamente sono un problema, la crescita dell’economia dei Colli dipende anche dal mettere un freno alla loro proliferazione e dunque alla quantità di danni alle colture che ogni anno riescono a produrre, ma sull’altro piatto della bilancia c’è la prospettiva di un’economia che poggia le sue basi sulla bellezza del territorio, la possibilità di fruirne attraverso percorsi e sentieri con l’escursionismo, la mountain bike, le passeggiate. Ossia una proposta di visitazione incentrata sulla qualità della vita, sull’offerta enogastronomica e dei prodotti tipici. Un’economia che evidentemente mal si concilia con gli spari a lunga gittata delle carabine contro gli ungulati. E dunque il gioco non vale la candela, se il gioco, come appare evidente, è quello della caccia e la candela è l’unica che getta una flebile fiamma sulle aspirazioni turistiche dell’area. Aspirazioni che, tra l’altro, sono sostenute anche con contributi e finanziamenti regionali, come quelli legati al Piano di sviluppo rurale che stimolano le piccole aziende agricole a diventare agriturismi, bed and breakfast, ad organizzarsi in club di prodotti per creare un’offerta e un’immagine coerente di territorio.
Le etichette delle cantine locali, finalmente, stanno diventando cartoline che viaggiano per il mondo e l’area di Abano e Montegrotto continua ad essere una delle meglio attrezzate per l’offerta alberghiera internazionale. Il turismo religioso richiamato dal Santo di Padova, il turismo culturale stimolato dalle tre città murate, quello di visitazione attratto dalla bellezza della campagna e dall’unicità degli habitat collinari, ecco è tutto questo che l’emendamento Berlato mette a rischio senza contare che rivedere i confini del parco significherebbe rivedere il Piano Ambientale e rimettere mano agli aspetti normativi in varie materie, come l’urbanistica o i vincoli paesaggistici. Perché di fatto le aree contigue, ossia le aree che non rientrerebbero più sotto la tutela del parco, ritornerebbero di competenza dei comuni e quindi verrebbero a ricrearsi quelle disparità che l’Ente Parco aveva contribuito ad eliminare. Forse la miglior cosa che il Parco ha portato, in trent’anni.
Il comune di Monselice ha istituito una commissione comunale, con lo scopo di facilitare il percorso di dialogo tra i sindaci e avanzare proposte che possano essere prese in considerazione e inserite nella nuova legge quadro sui Parchi che la regione sta redigendo.
E’ stato quasi un gesto involontario, ma sì: la denominazione di Parco è servita anche ad insegnarci che i Colli sono un’area particolare. Non sono un posto come gli altri gli Euganei. Per gestire le terre, per costruire le case o le strade ci sono dei parametri da rispettare. O meglio: ci sarebbero stati dei parametri da rispettare. Per tutti. Ecco, per capire l’emendamento Berlato, bisognerebbe anche capire che cosa è stato il Parco per il territorio. Perché oggi la politica giustifica le proprie scelte in ragione dei costi. La tendenza è quella di tagliare le spese inutili, o che la gente percepisce come tali. A volte dietro alla parola efficientamento, che l’ingenuo interpreta come il comportamento virtuoso del politico accorto nel ridimensionare le risorse, si nascondono i passi indietro. E oggi la Regione il problema dei tagli ce l’ha. Tagli alla sanità, tagli sulla gestione delle strade, che certo non sono aspetti marginali tra i servizi al cittadino, e tagli, ne siamo sicuri, conterrà anche il disegno di Legge quadro sui Parchi che sta per essere messo appunto e forse con il plauso delle comunità, dove i parchi sono avvertiti come una serie infinita di lacci e laccioli. Ipotesi di ridimensionamento, del resto erano già stati inseriti nel disegno di legge varato dalla giunta regionale il 3 luglio 2012 “Norme per la tutela della rete ecologica regionale” con la proposta di complessiva riorganizzazione dei cinque enti parco naturali e delle aree protette del Veneto. Tra le ipotesi c’era anche la figura di un solo direttore per il parco del delta del Po, del fiume Sile e dei colli Euganei. Per risparmiare, ovviamente. Anche quello dei cinghiali è un problema di risorse. E’ da quando la Regione non ha più stanziato finanziamenti per il loro contenimento che la presenza dei cinghiali è diventato il problema che conosciamo. Ed è appunto con queste prerogative che può trovare seguito un’idea come quella di Berlato. Togliere il Parco, significherebbe tagliare delle spese di gestione e eliminare alla radice le diatribe sulla “governance” del territorio, e introdurre la caccia, significherebbe togliere dai conti pubblici i costi degli abbattimenti. La proposta Berlato è evidentemente grossolana e fa leva sui “mal di pancia” creati dai vincoli del Parco, perché sarebbe come interrare tutti i canali per risolvere il problema delle nutrie, ma è altrettanto evidente che il futuro del territorio, proprio per tutti quegli aspetti che verrebbero minacciati dall’emendamento del consigliere di Fratelli d’Italia, dipenderà dall’Amministrazione che si riuscirà a mettere in campo. Sarà un consiglio tecnico costituito da manager? Sarà invece un consiglio costituito da rappresentanti del territorio? E qui il nocciolo della questione ed è qui che i sindaci dovranno confrontarsi per il bene di queste amate alture.