“Tubone” e sbarramento sul Brenta, i rincari fermano i cantieri

Gli aumenti dei prezzi, a seguito del conflitto russo-ucraino, pongono serie incognite sul completamento e la realizzazione delle due opere
Due “fiori all’occhiello” della progettazione del Consorzio di Bonifica Adige Euganeo sono a rischio a causa dei rincari delle materie prime. Si tratta di due interventi, tra l’altro molto attesi dal territorio, in quanto destinati a risolvere le gravi emergenze causate dall’inquinamento e dalla risalita del cuneo salino, rispettivamente nell’alveo del Fratta Gorzone e del Brenta. Si tratta del “Tubone” e dello sbarramento antintrusione salina sul Brenta. Nel primo caso, ossia la Condotta di adduzione di acque Pfas-Free a servizio dei distretti irrigui Gua, Monastero e Fratta, destinato a scongiurare l’utilizzo di acque prelevate dal fiume Fratta, come noto pregiudicate dalla presenza di sostanze perfluoralchiliche, i lavori sono partiti lo scorso aprile. Infatti, sono già state realizzate le opere di presa sul canale LEB e la posa della tubazione nel comune di Cologna Veneta e di Pressana.
Per entrambi gli interventi i costi sono aumentati di ulteriori nove milioni di euro

Il rendering dello sbarramento antintrusione salina previsto alle foci del Brenta
Ma è probabile che tale condotta non arrivi mai al suo capolinea, ossia nei comuni di Merlara e Castelbaldo, in quanto i 42 milioni di euro stanziati non sono più sufficienti al suo completamento. I rincari delle materie prime, esplosi in seguito al conflitto russo-ucraino, hanno fatto aumentare la spesa di ulteriori nove milioni di euro. Una cifra che il Consorzio ha fin da subito cercato di rimpinguare, bussando alle porte della Regione e del ministero dell’Agricoltura, ma che tutt’ora rimane in gran parte scoperta, avendo trovato per il 2023 il solo mezzo milione di euro messo a disposizione dai fondi governativi. Più o meno la stessa cifra sarebbe necessaria per lo sbarramento antintrusione salina alle foci del Brenta. Qui è la risalita dell’acqua marina, durante i periodi di magra del fiume, a minacciare le colture e non solo quelle visto che l’acqua salata raggiunge anche le falde superficiali compromettendone la natura, tanto che il rischio di desertificazione del territorio tra Padova e Venezia è una minaccia concreta. Il progetto, esecutivo dal lontano 2016, è stato bloccato per diversi anni da un ricorso giudiziario e ora che finalmente i lavori potrebbero prendere avvio a mancare, ancora una volta, è la copertura economica.

Il presidente del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, Michele Zanato
“Ci troviamo in una situazione piuttosto preoccupante – confida il presidente del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, Michele Zanato – in entrambi i casi si tratta di opere progettate dal nostro ente per superare problematiche decisamente penalizzanti sia per l’agricoltura che per gli insediamenti civili. A tal proposito aggiungo un elemento temporale: si tratta di emergenze che esistono da anni, il progetto dello sbarramento sul Brenta risale al 2017, quello della condotta Pfas-Free è del 2016. Quindi questa è la tempistica con la quale riusciamo a rispondere alle sollecitazioni urgenti che provengono dal territorio. Non è proprio la tempestività! In più come ente spendiamo soldi per continuare la progettazione, indispensabile – si dirà – per aggiornare un territorio al clima che cambia, ma poi in realtà mancano i soldi per realizzare quelli già in fase esecutiva, se non addirittura già cantierati. E’ indubbio che allo sforzo che continueremo a proferire, nel cercare le risorse che mancano a questi due importanti interventi, si accompagna la speranza che accresca la sensibilità verso i problemi ambientali e soprattutto verso la risoluzione degli stessi, almeno quando esistono le prerogative per farlo”.