“Bigoli in salsa” piatto magro della Vigilia
Sulle tavole “povere” del nostro passato contadino veniva osservato il digiuno e la purificazione stabiliti dalla chiesa con un piatto povero, certo, ma ricco di gusto
È la Vigilia di Natale di qualche decennio fa, svegliati da uno strano cigolio ci alziamo, e capiamo che è il torchio in azione per fare i Bigoli. E sì, in questa data la tradizione vuole che si mangi di magro, per rispettare la fine dell’Avvento in attesa della festa della Natività, e la tradizione veneta pretende che a tavola vengano serviti i “bigoli in salsa”, per dirla alla veneziana, o “bigoli con le sardele” per usare un termine caro a tutto il resto dell’entroterra veneto.
Ma andiamo avanti: avvicinandosi alla cucina veniamo attratti da uno stupendo profumo e tendendo l’orecchio sentiamo uno sfrigolio, è la cipolla che soffrigge. Quella stupenda cipolla bianca che la terra di Chioggia ci dona, una squisitezza che nella cottura si scioglie diventando una crema e rilascia tutta la sua dolcezza. A tutto questo si aggiunge il profumo del pesce, la sarda sotto sale, che su un altro tegamino si sta cuocendo per diventare ingrediente eletto di quella salsa che diventerà il condimento dei nostri bigoli.
Un detto dialettale cita: “Par ogni vigilia a xe sempre quea, in toea ghe xe i bigoi co a sardea”
I riti contadini hanno questo di bello: a fianco delle festa anche l’astinenza ha un senso. Un rito che ha accompagnato per secoli la nostra umile gente. E se il piatto poteva essere considerato povero, visto la modestia degli ingredienti, ricco invece era il gusto. Ma forse non è tanto vero neanche che fosse povera la materia prima, in fin dei conti il grano duro dalle nostre parti non è che fosse così diffuso, neanche il tenero a dirla tutta, perché su tutto imperava la farina di polenta. Più spesso erano di frumento e segale, e in questo caso prendevano il nome di “bigoli” mori. Tuttavia era sempre una questione di disponibilità, ci si arrangiava con quello che c’era: se nella madia avanzavano un paio d’uova nell’impasto potevano starci, se invece erano servite per prendere l’olio, il sale o altri generi di prima necessità, allora i bigoli potevano anche andare a tavola fatti si sola farina, acqua e un po’ di sale. L’importante che fossero rugosi, per prendere meglio il sugo, e alla causa si prestava il “torcio bigolaro”, strumento, brevettato nel XVII secolo dal pastaio padovano Bartolomio Veronese, che tirava fuori tutta la forza “pneumatica” delle nostre ave massaie, intente a premere sul manubrio per far leva sul pistone e spingere la pasta attraverso la trafila in bronzo.
Gesti antichi che nelle nostre case non si ripetono più. Però i bigoli sono rimasti un must, un’immagine archetipa del nostro Veneto, tanto che Andrea Cesaro, lo cheff montagnanese con due ff (cosi ama definirsi) e la bombetta, ha preparato questo piatto per il pubblico la nota trasmissione “Cuochi d’Italia” che va in onda su TV8 e la stessa ricetta l’ha donata a noi di Con i piedi per terra affinché possa essere preparata in occasione della prossima Vigilia.