L’uovo è nato prima della gallina, e poi è diventato simbolo colorato
Da sempre presente nella storia dell’umanità, fra le grandi civiltà del passato, negli affascinati miti cosmogonici fino all’età contemporanea, quale simbolo primario della vita in formazione, delle forze cosmiche della natura e dell’eterna rigenerazione attraverso il ciclo vitale
Prima di tutto venne l’uovo di Ra, che nelle leggende dell’antico Egitto galleggiava sulle acque senza fine: l’uovo che si aprì e da cui nacque la Fenice, che con il suo grido creò la terra emersa e tutto il mondo così come lo vediamo. Nella mitologia greca Zeus si trasformò, in una delle sue innumerevoli mutazioni erotiche, in cigno per amare la bellissima Leda, immortalata nel Rinascimento dal sublime pennello di Leonardo e Correggio. La fanciulla credette di essere innocente, finchè non partorì due grandi uova, da cui nacquero due coppie di gemelli, i guerrieri divini Castore e Polluce, immagine della concordia, e le bellissime Elena e Clitennestra, che rappresentando invece l’esatto contrario, sarebbero state portatrici di discordia e morte nella grande tragedia della Guerra di Troia. Nelle tombe etrusche, ricchi signori dipinti in colori sgargianti ci guardano ancora enigmatici, a distanza di duemilacinquecento anni dalla loro morte, mentre sorridono misteriosamente e porgono alle loro mogli un uovo perfetto, simbolo di una vita che eternamente riprende nelle oscurità che non esistono delle tombe.
Nel simbolismo cristiano l’uovo è posto in relazione al concetto di nascita a nuova vita, e dunque all’idea fondamentale della resurrezione
Elemento dal profondo valore archetipico, l’uovo è da sempre presente nella storia dell’umanità, fra le grandi civiltà del passato, negli affascinati miti cosmogonici fino all’età contemporanea, quale simbolo primario della vita in formazione, e dunque, delle forze cosmiche della natura e dell’eterna rigenerazione attraverso il ciclo vitale. Lo vediamo presente, ad esempio, nei culti antichi della Grande Madre, proprio perchè associato al femminile, in quanto la sua forma ricorda quella del grembo materno, ed anche perchè è la donna a produrre l’ovulo, che una volta fecondato darà origine alla vita. Così come nella tradizione ermetica l’uovo diventa per traslato l’uovo da cui principia l’universo: l’uovo cosmico.
Lo stesso mito egizio della Fenice traduce per metafora questo concetto antichissimo: il favoloso uccello leggendario, che poteva vivere fino a cinquecento anni, sentendosi prossimo alla morte, si ritirava in un luogo isolato per costruire un nido, intrecciando insieme ai ramoscelli anche arbusti di piante odorose, fra cui il profumatissimo incenso. Entrata nel nido, lasciava che il sole la incendiasse e la facesse bruciare completamente. Dalle sue ceneri restava un uovo, che il sole faceva subito crescere e maturare nell’arco di tre giorni, secondo un’immagine che fu successivamente intesa quale prefigurazione del mistero di Cristo, come si può ancora vedere in numerosi mosaici di età tardo-antica.
Nel simbolismo cristiano, l’uovo è posto in relazione al concetto di nascita a nuova vita, e dunque all’idea fondamentale della resurrezione. In questa accezione, dunque, sono da interpretare le varie figure di Madonne con Bambino che reggono in mano un uovo, come ad esempio la statua lignea della Madonna di Costantinopoli (XII-XIII), custodita presso la Collegiata di Santa Maria Maggiore ad Alatri, in Lazio. In questa chiave va certamente letta la Pala di Brera di Piero della Francesca (1472 ca.), tra le più celebri e raffinate del grande artista rinascimentale, oggi custodita presso la Pinacoteca Nazionale di Brera a Milano.
Protagonisti dello spazio metafisico sono la Vergine, algida e marmorea, ferma nella luce astratta che pervade l’atmosfera, e il Bambino, iconograficamente esaltato dal ciondolo di corallo, simbolo della sua futura Passione. Attorniati da un gruppo di santi, Madre e Figlio ricevono la devozione di Federico da Montefeltro, inginocchiato in armatura ai piedi del gruppo. Sullo sfondo, incorniciato dalla perfetta costruzione prospettica, la nicchia semicircolare è sovrastata da una semicupola a forma di conchiglia, al centro della quale è appeso un uovo, forse di struzzo. La conchiglia, che richiama subito alla mente la nascita di Venere (come nella nota redazione di Botticelli), è qui figura della nuova Venere, Maria, simbolo di bellezza eterna ma anche della natura generatrice e rigenerata.
La complessa iconografia è stata posta in relazione la raffigurazione dell’uovo di Leda, alludendo alla fecondazione di Maria tramite lo Spirito Santo, così come Leda venne fecondata da Zeus in forma di cigno: è in questa accezione che certamente la intende Salvador Dalì, quando reinterpreta l’opera di Piero in chiave surrealista, nell’enigmatica Madonna di Port Lligat (1949), realizzata nello stesso anno della celebre Leda Atomica, manifesto della poetica della mistica nucleare, elaborata dopo lo scoppio della bomba atomica in Giappone e teorizzata nel Manifesto mistico del 1951.
Evocato da moltissimi artisti, il tema ha conosciuto innumerevoli declinazioni, da Bosch con l’intrigante Concerto nell’uovo, di cui resta solo una copia del XVI secolo, fino a Magritte, con Le affinità elettive (1933) passando per Gaetano Previati, con la sognante Leda (1907), solo per citare un’opera a noi geograficamente più vicina, conservata nelle splendide sale di Ca’ Pesaro a Venezia.
L’uovo colorato, dolce, ripieno di sorprese e meraviglia evoca l’uovo dell’esegesi biblica, il contenitore della vita, e dunque la speranza della rinascita
Nella nostra cultura la festa della continua rinascita, la Pasqua, è associata proprio al simbolo dell’uovo, colorato, dolce, ripieno di sorprese e meraviglia, ad evocare l’uovo dell’esegesi biblica, il contenitore della vita, e dunque la speranza della rinascita. Per questo motivo, nella produzione iconografica cristiana, lo vediamo spesso a corredo di immagini legate alla vita della Vergine, ad alludere al ruolo decisivo da lei ha svolto nell’economia della salvezza, quale mediatrice tra Dio e gli uomini. Proprio in quest’ottica dobbiamo considerare la curiosa citazione di Tiziano, protagonista del Cinquecento veneto, della celebre “vecchia delle uova” nella strepitosa Presentazione di Maria al tempio (1534-1538 ca.), dipinta per la Scuola Grande di Santa Maria della Carità a Venezia, diventata poi la sede delle Gallerie dell’Accademia, dove il telero tuttora si trova. Non è un caso che l’immagine, carica di forza evocativa, sia stata poi ripresa da un altro grande virtuoso della pittura, quale Giandomenico Tiepolo, se pure nel gaio contesto della Sala dei Contadini nella Foresteria di villa Valmarana ai Nani a Vicenza (1757), “profanizzando” il tema.
Se nella maggior parte della pittura religiosa veneta la rappresentazione del tema pasquale poggia solidamente sulla rielaborazione del testo biblico, con innumerevoli raffigurazioni ambientate presso il banchetto dell’ultima cena – si pensi alle “Cene” di Paolo Veronese, e ancor più alle Ultime Cene di Jacopo Tintoretto, spesso realizzate per le confraternite del Santissimo Sacramento, a difendere in funzione anti-luterana il valore sacramentale dell’Eucarestia – va però ricordato che talvolta anche l’antichissima, pre-cristiana, simbologia dell’uovo torna utile per affermare il dogma: così è nell’intensa Cena in Emmaus di Jacopo Bassano, oggi a Fort Worth (Texas), dove al posto del consueto pane spezzato, o degli altrettanto consueti cosci di agnello e polli allo spiedo, spicca sopra ogni cosa il piatto con le uova, a ricordare che al tavolo con i due pellegrini non c’è uno sprovveduto viandante, ma il Risorto.