L’antica Sagra del folpo e le tante bellezze di Noventa Padovana
La fiera era nata per mostrare le produzioni agricole a fine stagione ed è finita con il creare un connubio tra mare e pianura
Quella di Noventa mi è sempre parsa una festa “diversa”, senza paragoni con le altre sagre del circondario, anche le più grandi. Me lo conferma anche il sindaco, Luigi Alessandro Bisato: “È perché riesce a essere un mix tra tradizione e contemporaneità. Era nata per mostrare le produzioni agricole a fine stagione e poi ha creato un connubio tra mare e pianura, come con gli onnipresenti folpi che abbiamo cercato di rilanciare. E poi è una manifestazione da sempre connaturata nella storia del paese, in cui tantissime persone come volontari ci entrano dentro e la vivono, in particolare nelle “bettole” gastronomiche che sono la nostra particolarità. Quindi, tutta la comunità si impegna a renderla importante”.
In effetti, non solo il paese “respira” la fiera, ma la attende di anno in anno quasi fosse un palio: e, in qualche modo, un palio lo è, perché la competizione c’è, anche se forse non si dice. Davvero non conosco manifestazione con così tante “bettole”: organizzate dalle parrocchie, dai partiti, da associazioni… volete che non ci sia un po’ di sano agonismo nel contare chi ha la fila in attesa più lunga, chi ha fatto più incassi dell’anno prima? A Noventa non servono i sondaggi elettorali: basta contare i coperti! Io spero però che la sfida sia anche quella su chi ha ricevuto i complimenti maggiori per la qualità del cibo e il piatto più buono, per l’uso di stoviglie compostabili o il riciclo fatto meglio…
Noventa è padovanissima, ma il suo territorio è un lembo di terra, racchiuso tra Brenta e Piovego, proteso verso la laguna di Venezia
La Sagra del folpo mette assieme anche le due parrocchie del territorio comunale, che non hanno altra sagra propria: questa sola basta per entrambe! Le altre cose che danno originalità, in fin dei conti, passano in secondo piano, ma fanno tradizione: il vino “torbiolino”, grezzo e dolce assieme, i citati “folpeti” assieme ai “bovoeti”, l’offerta commerciale e l’ampia sfilza di giostre. Chi visita la fiera, forse non sa che anche il territorio che sta calpestando è ricco di storia e originalità, che gli vengono dalla sua posizione a cavallo tra due corsi d’acqua, Brenta e Piovego, e tra le due province di Padova e di Venezia. Chiariamolo subito: Noventa è padovana a tutti gli effetti. Però un suo lembo, Oltrebrenta, che si stende per poche centinaia di metri oltre il fiume che gli dà nome, arriva fino quasi al semaforo che svetta al centro di Stra. La singolarità attuale è dovuta a una rettifica del corso del fiume, che prima lo separava dal territorio veneziano con cui segnava il confine. Potrebbe essere la terza frazione del comune, se frazioni avesse: perché Noventa Padovana non ne ha, benché con Noventana siano due le parrocchie e con Oltrebrenta tre le località.
I padovani consideravano Noventa una cosa loro, e nel medioevo il territorio fu in mano a vari signorotti di città, nonché in quelle del vescovo che vi aveva molti possedimenti. Nome importante qui fu quello dei Dalesmanini, ma per un breve periodo anche quello degli Scrovegni, casata resa immortale dai due più grandi artisti italiani di sempre, Giotto e Dante. Noventa, all’epoca, era non più di un piccolo villaggio: il nome stesso, come ci ricorda il recente e completo volume scritto a più mani e curato da Marco Bolzonella, “Noventa Padovana villa bellissima tra Brenta e Piovego” (Cleup 2018), rimanda ai territori strappati a paludi e boschi che, dopo l’abbandono delle campagne post impero romano e le invasioni di popoli “barbari”, se ne erano riappropriati.
Tra le poche capanne dei contadini, già prima che venisse costruita una chiesa stabile, svettava una dimora fortificata, certamente non un castello come quello delle fiabe: era quella dei citati Dalesmanini, che recenti ricerche sembrano ubicare all’incirca dove sorge l’attuale villa Valmarana. È probabile che sia stato questo palazzo ad avere avuto l’onore di ospitare, tra il 1237 e il 1239, Isabella d’Inghilterra, terza moglie di Federico II di Svevia, il quale in quei mesi dimorava a Padova ma veniva talvolta a Noventa a cacciare e a “falconare” – racconta il cronista Rolandino da Padova – e immaginiamo anche a trovare la moglie (chi lo sa che questa casa non abbia visto il concepimento di suo figlio Enrico Carlo Ottone di Hohenstaufen, venuto alla luce a Ravenna nel 1238?). Anche per i veneziani, tuttavia, Noventa era un po’ “casa loro”, una sorta di avamposto nel territorio dei “gran dottori”. Fino alla metà del secolo XII Noventa era il vero porto della città di Padova sul Brenta, prima che il fiume venisse deviato verso nord (il “castello” dei Dalesmanini sorgeva a pochi passi dal vecchio alveo). Per qualche decennio la situazione mutò, ma a inizio Duecento lo scavo del canale Piovego, che unì direttamente Padova a Stra, e quindi al Brenta e a Venezia, riportò di nuovo a Noventa uno scalo importante, stavolta nel lato opposto del paese.
Al termine del conflitto con i carraresi, negli anni 1404-05, molte delle grandi famiglie della Serenissima incamerarono terreni a Noventa
Dopo l’annessione del territorio padovano alla Serenissima, al termine del conflitto con i carraresi negli anni 1404-05, molte delle grandi famiglie della Serenissima incamerarono terreni a Noventa. Il citato volume ricorda tra gli altri i Falier, i Contarini, i Foscari, i Morosini, i Loredan, i Badoer. La facilità di raggiungere il luogo lo rese meta ambita, e fu così che, un paio di secoli dopo, Noventa diventò non solo importante snodo commerciale e tenimento agricolo, bensì anche… località vacanziera! Le celeberrime “villeggiature” in campagna si tennero in splendide dimore, la più nota delle quali è villa Giovanelli che è un po’ il simbolo del paese, sia perché è scenografica con il suo splendido colonnato, sia perché affaccia direttamente sul Piovego ammaliando i viaggiatori che solcando il canale, oggi come un tempo, a bordo del Burchiello, si chiedono a chi si deve tanta bellezza, e chi poteva abitare in tale luogo.
Il “Ponte de Noenta” e la sua conca idraulica oggi sono spostati a est, ma un tempo erano quasi dirimpetto alla villa, ed essa segnava l’ingresso dal Piovego. Villa Valmarana ne segna invece, ancora oggi, l’accesso da nord, all’altro capo di via Roma. Nel mezzo sta la settecentesca chiesa dei Ss. Pietro e Paolo; lungo quasi tutto il viale si dipana la Fiera, nata da un antico mercato franco la cui concessione è persa nella storia, ma risale almeno al Seicento. Tale fiera è di certo oggi il miglior motivo per raggiungere la nostra meta, altri potrebbero essere la possibilità di visitare le splendide ville, quasi tutte affrescate e dotate di notevoli giardini, però private, tranne villa Valmarana oggi comunale, e aperte solo in occasioni speciali.