Le “case in pìe”, una Manhattan lagunare
Negli spazi stretti e condivisi delle calli e nei balconi cuciti assieme dai fili del bucato steso al sole, nelle urla dei bambini che si confondono con i garriti delle rondini, risiede il sistema delle relazioni che da secoli tengono insieme le tante anime di Chioggia
Parlare delle case di Chioggia, in parte, è un pretesto per parlare, in realtà, della socialità delle persone che la abitano. Fare un tour attraverso le calli indubbiamente è un modo alternativo e suggestivo di visitare la Città, ma è soprattutto un modo di conoscerne l’anima e il modo in cui, appunto, le persone stanno assieme, dialogano, vivono.
Le tinte sgargianti della facciate non rispondono alla necessità di essere visibili dal mare, ma servono a delimitare i confini della proprietà
Nell’inevitabile promiscuità degli spazi comuni, nelle case cucite assieme dai fili del bucato steso al sole, nella logica della vicinanza risiede sicuramente anche il sistema delle relazioni che da secoli nascono e crescono all’ombra di queste case in pìe, dettate da un’urbanistica forzata dalle acque: quelle del mare, della laguna, dei fiumi di cui Chioggia fino al secolo scorso è stata un cordone litoraneo. Una strisciolina stretta e lunga dove bisognava farsi bastare un quadratino di terra e dove, per le generazione che l’hanno abitata, il cielo è stata l’unica direzione possibile per poter costruire. Chiamate anche “case a campanile” oggi danno vita ad una Manhattan lagunare dove il “mio” divide il “tuo” dalla sfasatura dei solai – che di fatto annulla ogni possibilità di riunire due alloggi in un unico stabile, e dal colore. Perché, parliamoci chiaro, le tinte sgargianti della facciate non rispondono alla necessità di essere visibili dal mare – col calìgo non si vede nemmeno la punta del naso, figuriamoci le case – ma a delimitare i confini della proprietà, ovvia necessità in una situazione di tale promiscuità! Dunque una minima distanza c’è, ma è di più la vicinanza: una necessità anche questa imposta dall’acqua, l’elemento indomabile, madre e nemica, capace di dare la vita e di toglierla e per questo da affrontare restando vicini, facendo fronte comune. Il sistema delle calli rende visibile questo antico patto tra gli uomini, ospitando le stagioni della vita, i mercati, il lavoro, le parole, gli umori. Gli occhi indiscreti che osservano durante il giorno sono le sentinelle della note che sorvegliano la calle e si mobilitano in caso di necessità, anche creando una parentesi sospensiva tra una baruffa e l’altra.
Il sistema delle calli rende visibile l’antico patto tra gli uomini di restare vicini, ospitando le stagioni della vita, i mercati, il lavoro, le parole, gli umori
A Chioggia la socialità non va registrata attraverso l’intensità dei contrasti, che a volte potrebbero sembrare eccessivi, ma con la prevalenza che tuttavia ancora premia lo stare assieme anche nel brusio notturno dei pescatori in partenza, nel vociare delle donne al mercato e negli schiamazzi dei bambini che corrono tra le calli, intrecciando le loro grida con i garriti delle rondini e lo stridio dei gabbiani. Altrove fioccherebbero querele e denunce: nell’altrove dove le case stanno assumendo le forme delle fortificazioni, protette da muri di cinta, telecamere e cani ferocissimi, e da dove l’uomo è scomparso dietro al cartello “proprietà privata”. Ma non qui, dove rimane la consapevolezza che la vita è fatta di suoni e profumi, magari quelli della rostìa che inevitabilmente impregna tutto il quartiere e anche il cuore di chi ci abita. Perché può anche capitare che oltre al fumo si trovi l’arrosto: quello di una bella orata già pronta, adagiata sul davanzale, nel più sano rispetto delle piccole distanze, dei possibili disagi, del patto che unisce e crea una comunità. La vicinanza e la solida fisicità dei corpi, qui, sono ancora gli elementi che selezionano i rapporti, anche nel tempo degli immateriali social e delle community virtuali. Accorgersene è facile, la differenza balza all’occhio anche di chi arriva da poco lontano: sta nei saluti che si scambiano le persone, nei luoghi del ritrovo che continuano ad essere molti, nel parlare fitto della Bora, del mare o degli orti non come elementi del paesaggio, ma della vita.