Lo Scricciolo, re dell’inverno, ma nervosetto
E’ uno degli uccelli più piccoli che svernano nelle nostre campagne. Il suo aspetto grazioso lo ha reso protagonista di molte leggende popolari.
“Sei uno scricciolo” è un comune modo di dire, con una sfumatura affettuosa, per descrivere una persona di corporatura minuta e deriva da uno dei più piccoli uccelli europei, un batuffolo di piume marroni con fini striature più scure, dal peso di appena 13 grammi, lungo 10 centimetri, di cui 2,5 cm sono solo di coda sempre portata all’insù e con un caratteristico becco appuntito che lo indica come insettivoro. La coda alzata e ben dritta, secondo un canto cristiano, è dovuta alla sua vanità poiché sembra sia stata toccata da Gesù bambino, quando tentò di ringraziarlo per avergli fatto con tanta pazienza un cuscino di piume. E’ un segnale dell’inverno poiché arriva dal bosco e dai monti a fine novembre o dicembre, avvicinandosi alle case di pianura, facendosi intravedere o sentire mentre furtivo, tra le cataste di legna e le siepi, s’introduce alla ricerca di insetti. Il suo richiamo è come un leggero tocco su un campanello d’argento: si narra che questo suono annunci la neve. Un’antica leggenda celtica spiega che durante l’assemblea degli uccelli dell’aria fu deciso di nominare re chi di loro fosse riuscito a volare più in alto. La favorita della gara era l’aquila, per la sua dimensione e forza, che riuscì infatti ad arrivare fino al sole. Ma non si era accorta che il piccolo scricciolo, furbescamente, si era nascosto sul suo dorso, facendosi trasportare quindi ancora più in alto e alla fine vincere la gara. Da quel giorno lo scricciolo divenne anche simbolo dei Druidi, sacerdoti degli antichi popoli celtici.
Nel Galles una stessa parola indica sia lui che il Druido mentre in Irlanda è chiamato “Uccello Druido”. Ogni capodanno, durante “la festa dello scricciolo”, l’apprendista Druido entrava nei boschi per incontrarlo e, se ciò avveniva, era segno di benedizione e di approvazione a divenire Druido entro l’anno. Questa leggenda si ritrova anche nel nome comunemente usato in tedesco Zaunkoenig che in italiano si traduce in “il re delle siepi” mentre il nome olandese lo indica come “il re dell’inverno”. Lo scricciolo era considerato tra gli uccelli più sacri: chi ne uccideva o catturava uno, o rubava uova o piccoli, o distruggeva il suo nido sarebbe stato colpito da fulmini, fuoco e disgrazie. Purtroppo con il passaggio dal paganesimo al Cristianesimo le divinità pagane venivano uccise e la festa dello scricciolo fu spostata al giorno di S. Stefano (26 dicembre) e trasformata in un giorno di caccia poiché si narra che il suo canto indicò ai Romani in quale cespuglio si era nascosto il santo durante la fuga.
Il suo richiamo è come un leggero tocco su un campanello d’argento: si narra che questo suono annunci la neve.
Il suo nome scientifico Troglodytes troglodytes, dal greco trogle, caverna, e dytes, abitante, fa pensare alla sua presenza nelle grotte in compagnia degli uomini nell’età della pietra mentre va a caccia di invertebrati nelle cavità. In primavera il maschio costruisce diversi nidi da presentare alla femmina con muschio, foglie ed erba secca, modellati per formare una sfera impermeabile le cui pareti vengono lavorate anche dall’interno. La femmina ispeziona tutti i nidi e dimostra di aver scelto quel nido ricoprendolo di piume. Abitualmente poligamo, una volta occupato il primo nido, il maschio va in cerca di una seconda compagna che possa occupare uno degli altri nidi e allevare una seconda famiglia e può arrivare anche a prendersi cura di tre famiglie contemporaneamente. Essendo molto piccoli, questi uccelli sono molto sensibili alle gelate e non è raro trovarli ammassati insieme per tenersi caldo l’uno con l’altro. Fu proprio durante una notte gelida che, in Inghilterra, furono visti ben 61 scriccioli entrare in un cassetta nido e al mattino uscirne tutti salvi. I nomi dialettali indicano le sue caratteristiche di comportamento, in Veneto viene detto radeta, reatìn, roseto, ruzeto o sbusasese, i Cimbri lo chiamiamo rasetle che vuol dire nervosetto o furiosetto. Ricordiamo infine che anche il grande poeta e osservatore della natura Giovanni Pascoli gli dedicò una poesia, “L’uccellino del freddo”, nei canti di Castelvecchio.