Polenta, l’oro giallo arrivato dalle Americhe
La grande presenza di fiumi stimolò la coltivazione del mais nel Basso Veneto ad opera dei veneziani. Da allora divenne un piatto mitico, un nome che designa anche i popoli del nord Italia
Pane dei poveri, ma palestra di fantasia per le nostre nonne.
Gialla, morbida e fumante e’ rimasta a lungo unico sostegno alimentare per contadini della nostra terra, tanto unico che uno dei motti più diffusi legati al nostrano alimento è rimasto: “pian col fajan che la polenta la xe tanta”. Anche se tanta polenta e poco “fajan”, voleva dire pellagra, la malattia causata dalla carenza o dal mancato assorbimento di vitamine del gruppo B e PP, presenti negli alimenti freschi e non ovviamente nei cereali essiccati come il mais da polenta. La specificazione “mais da polenta” è d’obbligo in quanto il termine polenta precede di secoli, forse millenni, l’arrivo del mais. La polenta, infatti, era già conosciuta dai Greci e dai Romani e dal latino “puls” deriva l’etimologia della parola moderna, ma veniva fatta con il farro. Oggi, invece, quando parliamo di polenta intendiamo un impasto di farina di mais, o meglio “mahiz” per usare il nome originale usato dagli amerindi per indicare i “grani d’oro” del loro prezioso cereale. Fu Cristoforo Colombo ad imbarcarne qualche chicco sulla sua caravella e a dare avvio alla diffusione di questa coltura oggi uno dei simboli del Nord e non a caso visto che la diffusione pare sia partita proprio da qui, da un paesino tra Polesine e Bassa Veronese in riva all’Adige. A confermare questo primato sono gli studi del Messedaglia, il celebre medico e studioso, presidente dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, che nelle sue “Notizie storiche sul mais”, cita la testimonianza del Ramusio, il quale senza esitazioni informa che nell’anno 1554, proprio a Villa d’Adige , allora Villabona, “erano stati iniziati degli esperimenti di coltivazione estesa – di campi intieri – di un grano nuovo, il mais d’America: mais di due varieta’, cioè a semi bianchi e a semi rossi”. I veneziani poi, con i loro viaggi, diffusero sia la coltivazione del mais, definito anche grano turco per il semplice fatto che nel XVI secolo “turco” era tutto ciò che aveva una provenienza coloniale, in Ungheria insieme alla polenta, che verso quella latitudine prese il nome di “puliszka”, nella Penisola Balacanica, in Croazia e Slovenia la stessa polenta si chiama žganci, e in Romania mămăligă, mentre gli spagnoli contribuirono alla diffusione nel Mediterraneo e in Asia, i portoghesi in Africa. Le tribù berbere del Marocco preparano una polenta chiamata “tarwasht” e chissà se anche questa può essere un ottimo “pendant” con il “baccalà”, gli “òsei” o il “musso in pocio”.
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