Osteria dal Nonno, una gustosa semplicità nel piatto
Il locale di Legnaro affacciato sulla “Piovese” è un sicuro presidio della tradizione, dove i risotti sono i protagonisti: da quello al baccalà, a quello al nero di seppia. E poi gli gnocchi di zucca, le tagliate, le fiorentine e la tartare. Le tovaglie a quadretti rendono l’ambiente più “casalingo”
Il nonno c’è. Non è un nome messo a caso… Si tratta di nonno Francesco Chellin: ogni tanto passa ancora dal locale di Legnaro che gli è stato dedicato; si ferma, fa due chiacchiere, prende qualcosa e se ne va. Siamo lungo la “Piovese”, nel ristorante che venne creato dal famoso Toni Baretta. Locale che dopo qualche gestione diversa da quella del fondatore, da cinque anni sembra aver trovato la formula e il passo giusti per confermarsi come un solido presidio della tradizione. Dove anche la cucina si è ricalibrata su piatti della memoria e del territorio, utilizzando in larga parte ingredienti di stagione. Al timone dell’osteria c’è un legnarese “doc” come Fabio Schiesari, imprenditore del settore che con Chiara Panizzolo ha lanciato anche la pizzeria “Fuori di zucca” di Noventa Padovana. All’ “Osteria dal nonno” non si scherza. Aperto sette turni su sette, pranzo e cena, ogni giorno. “La nostra è una cucina casalinga” sottolinea Fabio, anche se a interpretarla ai fornelli poi si scopre che c’è Daniele Carraro, ex cuoco del ristorante “La Meridiana”, splendida magione di Piove di Sacco che all’apice del suo arcobaleno, una quindicina di anni fa, ottenne anche la Stella Michelin. Carraro che ha avuto anche qualche ribalta televisiva. In sala dà una mano la giovane figlia dei due titolari: Zeudi. Da tempo ha scelto di dedicarsi alla ristorazione.
Cucina schietta che talvolta esce dai canoni del “già visto”
La scelta di una cucina casalinga di qualità, fatta con buone materie prime, si spiega con la volontà di seguire l’onda favorevole del momento. Dopo la pandemia la ristorazione ha in parte cambiato rotta, scegliendo la strada della semplificazione che porta verso piatti volutamente meno complessi. Andando così incontro alle mutate esigenze della clientela, anche nei prezzi. Cucina schietta, che talvolta esce dai canoni del “già visto”, come nel millefoglie di patata e finocchio con mousse di caprino e di noci; o nel risotto allo Stravecchio, liquirizia in crema e melograno.
Fra i dolci impazza il tiramisu “a sece”… ovvero “a secchi”
Quest’ultimo è un bell’acquerello di colori. Tradizione piena che però ritroviamo nel risotto al baccalà, in quello con le seppie al nero; nei bigoli al cacio e pepe, negli gnocchi di zucca e nella ampia proposta di carne: la tagliata di sorana ai ferri, la fiorentina di Chianina, il filetto di manzo o la classica tartare. Fra i dolci impazza il tiramisu “a sece”… ovvero “a secchi”. Lo chiamano proprio così. Un rito divertente.
Uno degli elementi più apprezzati di questo locale è il rapporto qualità-prezzo dei piatti, che contribuisce a mantenere su livelli accettabili lo scontrino medio.
Anche la carta dei vini è improntata alla concretezza, comprendendo etichette di livello medio alto, molte delle quali del territorio, proposte senza ricarichi eccessivi. L’ambiente è vivace, rallegrato dalle tovaglie a quadretti e dalle pareti che lasciano intravvedere i mattoni originali. Le bottiglie fanno da arredamento. D’estate c’è un ampio spazio all’aperto circondato dal verde. Da una certa ora in poi è il più frequentato…