Un caffè sotto l’albero

Nell’immediato Dopoguerra regalare una buona miscela da preparare con la moka era un segno di riscatto, il segno che denotava una certa tranquillità economica e il ritorno ad una vita ordinata e ai suoi riti. Oggi lo stesso regalo sta trovando un significato nuovo, legato alla scoperta di nuovi sapori
Un mio ricordo d’infanzia è quando, a Natale, nonna era solita regalare alle figlie dei pacchetti di caffè. Io non lo bevevo, a quel tempo, e mi sembrava un regalo strano, cose da grandi. Invece, per chi veniva da tempi bui come quelli delle guerre mondiali, in cui anche un semplice pacchetto di caffè era un lusso o proprio non si trovava se non forse nel mercato clandestino, quel dono aveva un particolare significato. Poterlo regalare era, probabilmente, anche un segno di riscatto.
Nel 2019, si regala ancora caffè a Natale? Sembrerà strano, la risposta è sì. Sull’onda dell’attenzione verso doni utili e di qualità, come gli alimentari, sta ritornando di moda anche l’offrire confezioni di questa seducente bevanda. Si possono trovare pacchetti in versione natalizia, magari accompagnate a qualche altro prodotto d’eccellenza, tanto nei supermercati quanto nei negozi altamente specializzati. In grani, in polvere con ogni tipo di miscele, in cialde, in capsule… la scelta è molto varia.
La moda della tazzina di caffè è arrivata in Europa tramite i veneziani, alla fine del Cinquecento, ma già da almeno un secolo la bevanda, proveniente dall’Africa orientale, aveva avuto successo nel medio Oriente
“L’usanza di regalare caffè in realtà non è mai cessata, ma oggi è di nuovo in crescita – conferma Luca Pasin, “sommelier” del caffè e titolare del negozio Salus Caffè di Noventa Padovana – e io la trovo una bella cosa. Si regala qualcosa di utile e di pregio, in un barattolo di metallo che è completamente riciclabile. Un dono molto gettonato come, del resto, lo sono le macchine per il caffè espresso”.

Luca Pasin, “sommelier” del caffè e titolare del negozio Salus Caffè di Noventa Padovana
Prima di arrivare all’oggi, con addirittura l’espresso fatto in casa, il caffè ha però dovuto effettuare un lungo viaggio, nel tempo e nello spazio. In Europa è arrivato tramite i veneziani circa alla fine del Cinquecento, ma già da almeno un secolo la bevanda, proveniente dall’Africa orientale, aveva avuto successo nel medio Oriente. A metà Seicento vi sono già coffeehouses a Londra e Oxford, mentre nel 1684, con i sacchi abbandonati dai turchi durante l’assedio di Vienna, un soldato aprì il primo locale nella città asburgica. Il successo fu tale che il porto di Trieste fu invaso da carichi caffè e nella città giuliana sorsero presto numerose torrefazioni. Il vero boom il caffè lo fece nel Settecento: a Venezia aprirono le prime “botteghe del caffè” di goldoniana memoria, come il celeberrimo Florian; a Padova aprì il Pedrocchi.
Erano i secoli in cui gli abitanti del vecchio continente venivano a contatto anche con un’altra bevanda “esotica”, proveniente stavolta da oltreoceano: il cacao, portato in Spagna già nel Cinquecento e diffusosi nei secoli successivi nelle altre corti europee. A quel tempo il cacao era utilizzato infatti come bevanda e non ancora per fare il cioccolato “solido” come lo conosciamo oggi. Caffè e cacao divennero antagonisti, prima che i due prodotti prendessero strade differenti, entrambe di successo.
La nuova moda è quella per infusione: sempre più caffetterie la propongono anche in Italia. Richiede qualche tempo in più per la preparazione e anche per la degustazione
Da allora, come detto, di strada ne è stata fatta tanta. In Italia, soprattutto a sud, del caffè se ne è fatto un vero culto, ma c’è da dire che ogni paese ha le sue abitudini, e ognuno pensa che il proprio modo di degustare il caffè sia quello migliore. Moka, espresso, in cialda, caldo o freddo… La nuova moda, preferita dagli esperti, è quella per infusione: sempre più caffetterie la propongono anche in Italia. Richiede qualche tempo in più per la preparazione e anche per la degustazione: è un’alternativa al “caffettino al volo” troppo in uso nella nostra frenetica società.
Per il resto, sono tutti buoni metodi, se si prepara la bevanda con accortezza e tenendo conto che per ogni tipologia di preparazione c’è una miscela apposita. Insomma, non si può pensare di preparare un buon espresso con una miscela pensata per l’infusione, e viceversa!
Il metodo più diffuso dalle nostre parti è ancora la classica vecchia moka e Luca Pasin non si sottrae alla richiesta di sintetizzarci alcune semplici regole per preparare un buon caffè fatto in casa. Il primo segreto sono i “7 grammi” per tazza, che poi sono anche quelli contenuti in quasi tutte le principali cialde da espresso. È la dose giusta, né più né meno.
Ci sono caffè con profumi forti e dosi elevate di caffeina che vanno bene al mattino, appena alzati, e altri più delicati, che ne contengono pochissima, da sorbire magari dopo cena
Una seconda regola è non pressare mai la polvere, non serve. Si deve poi avere l’accortezza di tenere una fiamma moderata e di togliere la caffettiera dal fuoco appena il liquido è uscito. Lo zucchero è un esaltatore degli aromi e del gusto, chi vuole può aggiungerlo senza esagerare, ma ci sono delle miscele che anche chi è abituato al caffè dolce riuscirà a bere senza mettercene neanche un cucchiaino.
Una cosa che molti trascurano sono l’igiene e la conservazione: si deve sempre pulire accuratamente la caffettiera, ma senza fare uso di detersivi; la polvere di caffè non usata va conservata in un vaso di vetro o ceramica, meglio se in freezer o in frigorifero. La fragranza è assicurata.
Ma torniamo, ormai, al nostro regalo. E impariamo intanto a scriverlo correttamente: si scrive caffè. Proprio così, con l’accento grave (e non acuto) sulla “e”. Assodato questo, sulla marca, le miscele, i colori dei barattoli, c’è da sbizzarrirsi. Un primo dubbio che potrebbe assillare chi intende regalare, o regalarsi, una macchina da espresso domestica, riguarda il sistema da preferire: cialde o capsule? Non intendiamo offrire soluzioni che vadano bene per tutti, ognuno ha le sue preferenze, è bene però sapere che per le cialde esiste uno standard, il sistema aperto Ese (Easy Serving Espresso), che non obbliga a legarsi ad alcun produttore essendo perfettamente compatibili. Si scelgano di preferenza, come detto, quelle da 7 grammi di caffè. Esistono anche cialde totalmente biodegradabili. Per le capsule non esiste invece un sistema simile, ogni produttore ha le proprie, anche se ormai non è difficile trovarne di compatibili sul mercato.
Anche la polvere di caffè contenuta in cialde e capsule non è tutta uguale, una non vale l’altra: chi riconosce la qualità sa di cosa stiamo parlando. Ma non è solo questione di gusto e sapore. “Ogni miscela – conclude Pasin – contiene centinaia di sostanze, tra cui caffeina in percentuali differenti. Questo non significa che siano migliori o peggiori: come il vino, hanno ognuna la propria destinazione. Ci sono caffè con profumi forti e dosi elevate di caffeina che vanno bene al mattino, appena alzati, e altri più delicati, che ne contengono pochissima, da sorbire magari dopo cena. Informarsi su queste caratteristiche e dotarsi di prodotti differenti permette di poter bere il caffè giusto in ogni momento, e anche più di qualcuno al giorno, come si fa durante le feste, senza timore di avere esagerato”.