Il grande volo delle Gru
Un viaggio di migliaia di chilometri seguendo le rotte che suggerisce l’istinto. Dall’Africa oltrepassano le Alpi per nidificare nel Centro e Nord Europa, in particolare Svezia e Finlandia. Torneranno nei nostri cieli in autunno
Il 2017, tra febbraio e marzo, sarà ricordato come uno dei più ricchi per il passaggio di migliaia di grandi uccelli, in vocianti stormi formati da centinaia di esemplari, transitati nei cieli anche della nostra regione, specialmente lungo la costa e il vicino entroterra. Non erano oche, come molti sbagliano nell’identificarle, ma Gru cenerine o eurasiatiche, unica rappresentante di questo genere nidificante in Nord Europa. Uno spettacolo affascinante per chi ha avuto la fortuna di assistervi. Volano per migliaia di chilometri seguendo le rotte che suggerisce l’istinto e hanno iniziato la loro avventura circa un mese prima volando dall’Africa per poi risalire la penisola e quindi in volo sulle Alpi. Attraversano i cieli europei per nidificare in centro e Nord Europa, in particolare Svezia e Finlandia. Torneranno nei nostri cieli in autunno, alcune si fermeranno anche a svernare nel nostro Paese ma la maggioranza raggiungerà l’Africa. Dall’aspetto inconfondibile, il piumaggio grigio campeggia su zampe lunghissime e fa da contrasto a una buffa coda arricciata verso il basso. L’adulto presenta una caratteristica macchia rossa sul capo, il becco è circondato da piume nere che si allungano verso il collo bianco mentre il giovane ha la testa e parte del collo bruni. Al di fuori del periodo riproduttivo, si muove quasi esclusivamente in stormi con la tipica formazione a V, con testa e collo protesi in avanti, a differenza degli aironi che volano con il collo incurvato a S, ed emettono in continuazione il tipico verso ” kri-kru”. Si posa sulle aree umide o nei campi per riposarsi o rifocillarsi dove si ciba prevalentemente di vegetali come cereali, tuberi e ghiande mentre nei luoghi di riproduzione, distese paludose e acquitrini, si nutre di anfibi, insetti e pesci. Da sempre ammirata e descritta da Aristotele che la citava nei suoi scritti naturalistici, in Italia il Boccaccio la nomina nel Decamerone, nella famosa terza novella di “Chichibìo e la gru”. Un modo di dire è “Le gru di Ibico” per chi è punito inaspettatamente per un proprio errore e deriva dal filosofo greco antico Zenobio, il quale narra di Ibico che mentre veniva ucciso da alcuni briganti invocò come testimoni, vedendole, delle gru che volavano sopra di lui. Passato del tempo quei briganti, scorgendo nel teatro alcune gru che volavano, dicevano tra di loro “Le gru di Ibico”. E in seguito a questo vennero catturati e furono puniti. Anche il poeta greco antico Esiodo le cita: “Fa’ poi attenzione, quando tu oda il verso della gru, che ogni anno strepita dall’alto delle nubi: essa reca il segnale dell’aratura, e dell’inverno piovoso indica la stagione: e morde il cuore all’uomo senza buoi”. E infatti un proverbio siciliano dice “Quannu passa la groi, punci lu voi” – Quando passa la gru, sollecita il bue. Dall’alchimista tedesco Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim (1486-1535) abbiamo “La gru, così detta dalla voce antica gruere che significa andare d’accordo, indica sempre alcunché di conveniente e ci preserva dalle imboscate di chi ci è nemico” e questo ci porta al nostro nome dialettale Grua mentre il giovane viene detto Gruato.
Ad Hiroshima gli origami a forma di gru sono usate al posto dei fiori per onorare tutti i luoghi della memoria legati alla catastrofe della bomba atomica
In origami, l’arte giapponese di piegare la carta, la forma della gru viene usata per augurare ogni bene agli ammalati e a chi deve affrontare una dura prova. Narra un’antica leggenda giapponese che la gru possa vivere 1000 anni: regalare una gru significa quindi augurare 1000 anni di vita e un’offerta di mille gru rafforza ulteriormente il concetto. Alla tradizione della piegatura delle mille gru è legato un fatto risalente alla seconda guerra mondiale. Sadako Sasaki era una bambina di due anni che abitava a poca distanza dove esplose la prima bomba atomica e che rimase miracolosamente illesa. Crebbe sana ma la bomba non aveva smesso di uccidere: nel febbraio del 1955 si ammalò di leucemia a causa degli effetti delle radiazioni. La sua migliore amica, Chizuko Hamamoto, le parlò della leggenda secondo cui chi fosse riuscito a creare mille gru con la tecnica dell’origami avrebbe potuto esprimere un desiderio e realizzò per lei la prima. Sadako continuò nella speranza non solo di poter guarire ma credeva che così avrebbe curato tutte le vittime del mondo ed avrebbe portato loro la pace. Una versione della storia, vuole che Sadako fosse riuscita a completare 1000 gru, prima di morire nell’ottobre del 1955; secondo un’altra, sarebbe riuscita a completarne solo 644, mentre le restanti 356 sarebbero state aggiunte dai suoi amici. Da quel giorno migliaia e migliaia di gru di carta prendono continuamente forma dalle mani dei bambini e di tutti gli abitanti di Hiroshima, e vanno a costituire composizioni di ogni tipo che vengono utilizzate al posto dei fiori per onorare tutti i luoghi della memoria: una miriade di piccole gru vengono spedite alla città di Hiroshima anche da tutto il mondo. In ricordo di tale atto di speranza nel Parco della Pace della città si trova un monumento, dedicato a tutti i bambini vittime della bomba atomica, raffigurante Sadako mentre tende una gru d’oro verso il cielo. Ai piedi della statua, una targa reca incisa la frase: “Questo è il tuo pianto. La nostra preghiera. Pace nel mondo”. È possibile, per i visitatori, come ricordo di Sadako e come simbolo di pace, lasciare una gru di carta in una grande urna, unitamente ad un messaggio. La storia di Sadako è stata narrata nel romanzo “Il grande sole di Hiroshima”.