A Natale, l’inflazione mette i rincari sotto l’albero

Negli ultimi mesi è cresciuta in modo esponenziale la forbice dei prezzi tra produzione e consumo. Aumenti da tre o cinque volte dei prezzi delle materie prime nel tragitto dalla campagna alle tavole degli italiani
Anche il 2022 si prospetta un Natale di rincari. Se l’anno scorso, con le incertezze per la pandemia, si stimavano aumenti rispetto al 2019 soprattutto sul versante alimentare con pandori e panettoni a +10%, viaggi a +7% e regali di Natale +5%, quest’anno la situazione non va meglio. Anzi.
Gli italiani hanno ridotto gli acquisti di frutta e verdura. Consumi mai così bassi da inizio secolo
Crescono i prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari con aumenti record come evidenziano i dati Istat ad ottobre che mostrano un’accelerazione del costo dei beni alimentari al consumo del +13,1%. Con l’inflazione record cresce la forbice dei prezzi tra produzione e consumo, con aumenti da tre o cinque volte dalla campagna alle tavole degli italiani. I cittadini sono costretti a tagliare gli acquisti mentre le aziende agricole non riescono neanche a coprire i costi di produzione. Basti pensare agli aumenti record del 25,1% in un anno per le verdure e del 6,5% per la frutta.

Per i regali di Natale è prevista una riduzione della spesa di circa 11,7 miliardi di euro
Per effetto delle difficoltà economiche e del caro prezzi nel carrello della spesa, gli italiani hanno tagliato gli acquisti di frutta e verdura che crollano nel 2022 del 9% in quantità rispetto allo scorso anno, ai minimi da inizio secolo, secondo l’analisi di Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che più di un’ azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione critica da rischiare la chiusura delle attività e circa 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo, secondo il Crea.
L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,0% a +5,3% e quella al netto dei soli beni energetici da +5,5% a +5,9%.
Tutto questo si traduce in una stangata per il prossimo Natale proprio quando si può ritornare a festeggiare in famiglia o nei ristoranti e a viaggiare, dopo due anni di chiusure per la pandemia.

Un pandoro senza marchio, già ipotizzando degli sconti, costerà 4,99 euro al chilo, mezzo chilo di panettone invece 2,49 euro
La crisi energetica e del carburante non riguarda soltanto il costo delle bollette da pagare ma scatena una cascata di effetti che portano a un rialzo generale di più beni, compresi quelli di prima necessità, compresi gli alimenti. È facile quindi immaginare quanto la cena natalizia di quest’anno sarà cara per tutti. Confesercenti di fatto, solo per quel periodo, stima un ulteriore aumento dei prezzi che oscilla tra il 25% e il 40%. Rispetto a un anno fa, secondo l’associazione di imprese, i prezzi aumenteranno di quattro se non cinque volte. Un pandoro senza marchio, già ipotizzando degli sconti, costerà 4,99 al chilo, mezzo chilo di panettone invece 2,49.
I fornai e gli artigiani, spiegano dall’associazione di categoria, sono costretti a fronteggiare gli aumenti legati alla produzione. Ecco che gli italiani dovranno fare i conti con aumenti riguardanti panettoni, dolci, pandori, ma anche vini e spumanti. Ovvero: tutti prodotti legati a doppia mandata al cenone di Natale e alle sempre più imminenti festività natalizie.
Prospettive dei consumi in Europa
I consumatori europei ridurranno i loro acquisti natalizi del 13,8%, mentre gli italiani del 12,3% rispetto allo scorso anno
I consumatori europei ridurranno i loro acquisti natalizi del 13,8%, mentre gli italiani del 12,3% rispetto allo scorso anno, pari a 1,6 miliardi di euro in meno. Queste cifre significano una spesa fino a 11,7 miliardi di euro in meno in regali rispetto al 2021, con il Regno Unito che risulta il Paese a ridurre di più gli acquisti (22%) mentre la Germania quello a ridurli di meno (9,4%). Anche le imprese e i consumatori saranno colpiti dall’aumento dei costi. Nove aziende su dieci (91,9%) prevedono di venire colpite dall’aumento dei costi durante l’alta stagione, mentre tre consumatori su cinque (58,0%) prevedono di tagliare la spesa per i prodotti non alimentari a causa dell’aumento del costo della vita. È quanto emerge dal rapporto congiunto di Packlink, una delle principali compagnie di soluzioni logistiche online, e Retails Economics, società di consulenza per la ricerca economica focalizzata sul settore dei consumatori e retail, presentato a fine ottobre. Lo studio, dal titolo “Tendenze d’acquisto nell’alta stagione”, è stato condotto su oltre 8.000 intervistati, sia consumatori che rivenditori, di 8 diversi Paesi (tra cui Spagna, Germania, Francia, Italia e Regno Unito).

Secondo Confesercenti i prodotti destinati alle tavole del Natale saranno soggetti ad un ulteriore aumento dei prezzi, che oscillerà tra il 25% e il 40% rispetto a solo un anno fa
Le categorie
Quelle più a rischio di tagli sono: moda (26%), elettronica (22,3%) e giocattoli (20,9%)
Inoltre, secondo i dati dell’indagine, le categorie più a rischio di tagli sono: moda (26%), seguita da elettronica (22,3%), giocattoli (20,9%) e prodotti per la casa (19,8%). I prodotti per la salute e la bellezza (17,4%) e il bricolage e il giardinaggio (16,1%) spiccano come le categorie in cui verranno effettuati i tagli minori. Ciò comporterà cambiamenti nelle abitudini dei consumatori tra i canali offline e online nei prossimi mesi. L’inflazione sta costringendo gli utenti a rallentare i propri consumi e i profitti dei fornitori.
Le cause principali di tale riduzione, secondo gli intervistati, sono l’aumento dell’inflazione (28,8%) e la crescente incertezza economica (18,3%). Inoltre, i fattori principali sono anche la mancanza di risparmio (11,6%) e la perdita di guadagno (11,5%). L’attuale crisi continuerà inoltre ad avere un impatto di oltre un quinto (23,35%) sul costo della vita degli intervistati. A questo proposito, in Italia 239 rivenditori intervistati indicano che molte aziende hanno già deciso di adottare misure per alleggerire le proprie spese. Alcune di queste misure vanno dall’aumento dei costi di consegna (34,7%) e dall’estensione del tempo necessario per ricevere il prodotto (26,2%), all’aumento delle promozioni (18,1%), all’eliminazione dei resi gratuiti (10,1%) e al blocco delle assunzioni di nuovi dipendenti (3,3%).