Zamboni, bontà dei Berici riflesse sul lago
Sopra Fimon, all’ombra del campanile di Lapio l’Antica Trattoria “Zamboni”, di solida tradizione familiare è un sicuro presidio di buona cucina e di eccellenze del territorio. L’arte di Calabrò e il sorriso di Lucia accolgono l’ospite
Che allegoria sull’abbondanza del dì di festa e sulla gioia che dà il cibo in quell’opera di Vico Calabrò dedicata all’Antica Trattoria Zamboni!
Ricorda un po’ la favola del pifferaio magico, le cui note (in questo caso quelle di un buffo suonatore di chiarina) fungono da richiamo euforico per tutti gli amanti delle cose buone. Un’opera iconica che ha una storia singolare: l’originale era così bello che un cliente se l’è portata via. Rubato. E Vico Calabrò per consolare la famiglia Zamboni ne ha realizzata un’altra. Ecco: perché anche l’artista, famoso per i murales di Cibiana, ci tiene tanto a questo luogo del buon vivere, che è molto di più che una semplice trattoria. “Zamboni”, balcone affacciato sul lago di Fimon… Siamo a Lapio, grazioso borgo berico che sorge appartato nel territorio di Arcugnano.
Il locale valorizza l’eredità di Severino Trentin cuoco che aveva dato l’impronta ai piatti ed era entrato nelle grazie di Vissani
Il locale, erede della storica osteria del paese, non ha bisogno di presentazioni. C’è il territorio qui, con tutte le sue eccellenze. Anche quelle meno note. In stagione i piselli sono quelli di Pozzolo dei Berici, le patate pure.
Gli asparagi sono quelli di Bassano, i formaggi sono quelli dell’Altopiano di Asiago e quelli berici, il luccio è quello del lago di Fimon. Non manca il broccolo fiolaro di Creazzo, come le erbe spontanee della zona a primavera (che buoni gli gnocchi con i “bruscandoli”!). E naturalmente il tartufo nero berico: lo scorzone. Sua maestà il baccalà
viene servito con la polenta “brustolà”. “E facciamo anche l’aringa da latte, alla vecchia maniera. Piace non soltanto a quelli di una certa età” dice sorridendo Lucia Zamboni, ovvero il sorriso della trattoria. Sorriso solare, diretto, sincero. L’accoglienza è lei. D’inverno dentro e d’estate fuori, davanti al bel panorama.
Salire da “Zamboni” nella solitaria Lapio di Arcugnano, che è quasi un eremo del gusto, è concedersi un piacevole momento di abbandono. Cambiare dimensione. Il paesino sembra sospeso nel tempo, con quel campanile ritto come un fuso a far da vedetta. Alto e sottile. “Zamboni” trae la sua forza dalla famiglia. Sempre unita, schierata a difesa dei valori della tradizione.
Ogni visita da “Zamboni” equivale a riannodare la memoria con i propri ricordi. Quelli di ogni singola stagione
E non solo. Unita anche quando è mancato il cugino Severino – Severino Trentin -, che era la punta di diamante di questo locale. Strappato alla vita giovane: era nelle grazie anche di Gianfranco Vissani, che a Lapio veniva spesso. In suo nome Lucia, con i fratelli Teresa, Oreste, Giuseppe e Giorgio vanno avanti.
Anzi, il bastione del gusto è difeso anche da Susi Miazzo e da Mirco Zamboni: moglie e figlio di Oreste.
Ogni visita da “Zamboni” equivale a riannodare la memoria con i propri ricordi. Quelli di ogni singola stagione. Perché la stagione la ritrovi fuori e la ritrovi nei piatti: provare la tagliatelle fatte in casa con i piselli di Pozzolo per credere. Oppure nel fegato di coniglio alla brace. La stagione la ritrovi insieme al territorio, che è in vetrina anche con i vini: da quelli Doc dei Colli Berici al famoso Durello, bollicina di nobile spalla acida che è l’orgoglio dei vicini Monti Lessini.
Qui i clienti si accorgono subito se qualche piatto della tradizione viene tolto. E se succede lo fanno rimettere in carta. Insomma, difficile trovare rivoluzioni da Zamboni.
Il solco della cucina ora diretta da Giuseppe, resta quello segnato da Severino. Seppur qualche novità viene aggiunta sempre. Anche fuori menù. A conferma che da Zamboni le idee non mancano: il locale è una delle spine dorsali dell’associazione “Le buone tavole dei Berici”. Che spesso organizza splendidi eventi enogastronomici, di spiccato taglio culturale. La trattoria è impegnata anche nel recupero dei piatti di una volta, delle ricette della memoria ancestrale della zona.
Tempo fa nel locale i clienti venivano coinvolti in questa ricerca, attraverso la compilazione di un questionario, con cui veniva chiesto qual è il piatto ricordato con più piacere.
Per tutto questo è riduttivo parlare di “Zamboni” come una semplice trattoria, anche se trattoria semplice lo è e vuole rimanerci. Ma qui si fa anche tanta cultura del territorio. Quella raccontata dal basso, che piace a tutti e piace sempre.