Dentro al dialetto chioggiotto ci senti il mare
La lingua è materia che si contamina e trattiene le sembianze degli spazi sotto forma di suoni
La lingua è un metro che misura i luoghi, coglie le distanze spaziali, gli ostacoli, le separazioni, ma anche i contatti le reciprocità tra qui e l’altrove. La lingua è materia che si contamina e trattiene le sembianze degli spazi sotto forma di suoni. E nel dialetto chioggiotto dentro ci senti l’acqua del mare, per questo è più facile riconoscere nella musica delle parole Genova o Trieste, piuttosto che le altre città venete di terraferma. “Nel chioggiotto parlato a Vigo e senz’altro così – precisa Luciano Bellemo, che di cultura e storia chioggiotta se ne intende e volentieri ne parla all’ombra della Torre di Sant’Andrea, dove è il custode – ma all’altro capo del Corso, stiamo parlando forse di 7-800 metri, a Santa Maria, dove c’è il Duomo, già si sente l’entroterra.
Distanze che il chioggiotto, lingua, conserva anche in ordine temporale e gli arcaismi forse sono quelli che saltano subito all’orecchio di chi non è del luogo
Vigo è il molo della Città, qui ci sono le case dei marinai pescatori, gente abituata alle distanze e ai silenzi e si avverte una sorta di economicità anche nell’uso delle lettere: le parole sono tronche. A Santa Maria, angolo di sottoportici e ‘mestieretti’, invece, il vociare è più cantilenante. Non parliamo dell’Isola della Tombola, terra di agricoltori … campagne”. Distanze che il chioggiotto, lingua, conserva anche in ordine temporale e gli arcaismi forse sono quelli che saltano subito all’orecchio di chi non è del luogo, come la marcata pronuncia della “l” intervocalica, il condizionale presente in “ave”, la forma interrogativa della seconda persona singolare in “stu”, il participio passato in “ao”.
“Il chioggiotto è indubbiamente una lingua antica – continua Bellemo – le prime forme scritte le troviamo nelle “mariegole” delle congregazioni dei mestieri del 1200. A preservarlo è stato l’isolamento ‘da terra di frontiera’ di cui Chioggia ha goduto e patito, come di sicuro ha concorso la particolare economia della città: così fortemente legata a mestieri passati da padre in figlio senza soluzione di continuità. Ma come tutte le lingue sta cambiando, certe peculiarità della vita di questi luoghi vanno perdendosi e con esse il modo di chiamarle, di dar loro un nome. Non c’è modo di fermare questa evoluzione, le cose cambiano, le lingue assolvono a funzioni pratiche che fanno parte della vita di tutti i giorni. Tuttavia credo che anche in questa evoluzione il dialetto chioggiotto troverà sviluppi suoi propri, continuerà ad essere una lingua diversa da tutte le altre”.