“Libera nos a malo”
Il mondo agricolo è sempre stato intimamente avvolto dal divino. Spinto dal mistero della natura e dal bisogno di scongiurare gli eventi calamitosi ha rivolto al cielo le proprie invocazioni. Le rogazioni appartengono tutt’ora ai rituali che accompagnano l’avvio dei lavori della campagna
Nel 1857 Jean-François Millet dipinse L’Angelus, un uomo ed una donna stanno pregando in un campo, hanno sospeso il lavoro di raccolta delle patate e, a capo chino, sono li, uno di fronte all’altro, lei a mani giunte lui col cappello in mano, immobili e oranti. C’è qualcosa di eterno e di grande in queste loro azioni, che sono sempre le stesse dall’origine dell’umanità. Quasi come un momento fondamentale della vita agreste, duemila o tremila anni prima di loro, altri coltivatori avranno interrotto i lavori per invocare le divinità tutelari della fertilità della terra o degli armenti. Il mondo agricolo è sempre stato intimamente avvolto dal divino, spinto dal mistero della natura e, in questo, l’agricoltore sente lui se stesso come generatore vita, perché concorre con la divinità nel produrre nuovo cibo.
Le divinità italiche, latine e romane legate all’agricoltura erano tante, tra le “maggiori” vi era Flora, che faceva sbocciare i fiori; Pomona, deputata a far maturare i frutti; Saturno che presiedeva alle semine; Cerere era la dea delle messi. Le più amate e venerate dagli agricoltori erano, però, le divinità “minori”, più vicine all’umano, facilmente invocabili e sempre presenti, come Robigo e Robiga, marito e moglie divinità della Ruggine del grano, si propiziavano affinché i chicchi non maturassero troppo presto favorendo l’attacco della malattia; il Genius loci, si invocava a tutela del luogo abitato; le Ninfe, favorivano il deflusso dei corsi d’acqua e delle fonti. Ogni singolo lavoro agricolo aveva il suo nume tutelare, vi era il Deus Obarator, il dio dell’aratura; Occator,
rendeva le terre friabili; Imporcitor, era preposto alle semine; Subruncinator, era invoca to per la zappatura delle malerbe; Sarritus, era pregato per sminuzzare il terreno con la zappa; Messor, salvaguardava la mietitura, poi Conditor, aiutava nella formazione dei covoni di fieno, grano e paglia, alla fine Promitor facilitava il loro disfacimento; Vervactor, sorvegliava la fienagione; Vitisator, badava all’impianto delle vigne; Reparator, curava le riparazioni e le sistemazioni dei corsi d’acqua e delle recinzioni; Insitor, era preposto agli innesti; Convector, custodiva i trasporti.
Il Cristianesimo non sradicò questi culti, li continuò sostituendoli con altri riti, come processioni e benedizioni delle terre e dei raccolti. Nacquero le Rogazioni cristiane, dal latino “rogare”, pregare, distinte in “maggiori”, solo per la giornata del 25 aprile, e “minori”, attuate per il rito romano nei tre giorni che precedono la festa dell’Ascensione, o negli otto giorni per il rito ambrosiano. In seguito
alla revisione dell’anno liturgico, voluta dal concilio ecumenico Vaticano II, le rogazioni “maggiori” furono abolite.
LA PROCESSIONE SI DIRIGEVA VERSO I CAMPI, SUPPLICANDO DIO PER OTTENERE LA BENEDIZIONE DELLE TERRE, LA PROTEZIONE DALLE TEMPESTE E DALLE GUERRE
Nei miei ricordi di chierichetto, queste funzioni religiose erano molto attese, s’iniziava alle sei del mattino con la celebrazione della Santa Messa. Il Sacerdote indossando i paramenti viola, colore associato alla Quaresima e all’Avvento, con il significato simbolico di penitenza. Al termine della celebrazione liturgica, partendo dall’altare, si dava avvio alla processione, intonando i canti delle Antifone, dei Salmi e delle Litanie dei Santi.
Il Celebrante salmodiava il Kyrie eleison e i fedeli rispondevano con le medesime invocazioni. Si usciva dalla chiesa e i chierichetti portavano il turibolo dell’incenso e il secchiello dell’acqua santa.
La Processione si dirigeva verso i campi, supplicando Dio per ottenere la benedizione delle terre, la protezione dalle tempeste, dalla grandine, dai terremoti e dalle guerre.
Il Prete salmodiava: “A fulgere et tempestate”,
si rispondeva: “Libera nos Domine”;
“Ut fructus terraes dare et conservare digneris”,
si replicava: “Te rogamus audi nos”.
Alla fine si chiedeva a Dio di essere liberati “Ab insidiis diàboli”, dalla presenza malefica, chiudendo con “Dio, degnaTi di darci e conservaci i frutti della terra, noi tutti Ti preghiamo”
Nei tre giorni delle Rogazioni si compivano itinerari diversi, facendo in modo che ogni podere e ogni campo fosse stato asperso con l’acqua benedetta. Nei luoghi delle fermate il Sacerdote interrompeva le Litanie, intonava un brano del Vangelo, i fedeli ascoltavano in piedi e si univano al celebrante nell’elevare a Dio la preghiera: “Ut pacem nobis dones”, in risposta, “Te rogamus audi nos”, il celebrante alzava la croce e benediceva la campagna, prima a levante, poi a ponente, a mezzogiorno e infine a settentrione, i fedeli si facevano il segno della croce e si proseguiva.
Nei punti di passaggio della Processione e nei confini delle proprietà si ponevano delle croci benedette, costruite con rami. Il percorso della processione si snodava per sentieri e attraversava i campi tutt’intorno al perimetro della Parrocchia, si svolgeva sempre, qualunque fossero state le condizioni atmosferiche.
Chi partecipava alle Rogazioni si scambiava e donava al Celebrante e chierichetti delle uova sode, colorate di verde, cotte nell’acqua con erbe di stagione.
La preghiera “Benedizionale” per i buoni raccolti e la salute degli animali del Rituale romano
Benedici queste nuove campane a te dedicate; fa’ che i membri della tua famiglia, all’udirne il richiamo rivolgano a te il loro cuore; e partecipando alle gioie e ai lutti dei fratelli, si raccolgano nella tua casa, per sentire in essa la presenza di Cristo, ascoltare la tua parola e aprirsi a te con fiducia filiale nella grazia del tuo Spirito.
Per Cristo nostro Signore. Amen